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Strage in Florida, spari in un locale gay: 50 morti. L'Isis conferma: "Il killer uno di noi"

 ORLANDO. Una telefonata al 911 - il numero delle emergenze negli Usa - in cui ha giurato fedeltà all'Isis e al suo leader al Baghdadi. Poi l'ingresso in un night club di Orlando frequentato dalla comunità gay per perpetrare la strage più grave della storia d'America provocata da armi da fuoco. L'intero Paese è sotto shock. Alla fine si contano almeno 50 morti e 53 persone ferite, di cui molte versano in gravi condizioni.

«Un atto di terrore e di odio», ha tuonato Barack Obama parlando alla nazione in diretta tv, dalla Casa Bianca. Dal volto traspariva tutta la frustrazione per quello che considera un fallimento personale: non essere stato in grado di portare a termine una vera stretta sulla vendita di pistole e fucili, almeno 300 milioni quelle oggi in circolazione negli Stati Uniti.  Ma a scuotere l'America è soprattutto lo spettro del terrorismo. Con lo Stato islamico che attraverso l'Amaq, la sua agenzia di stampa, ha rivendicato l'attentato definendo l'autore «un combattente» del Califfato.

Il killer, ucciso dalla polizia, si chiama Omar Mateen, 29 anni, cittadino americano di origini afghane. Un profilo simile al killer di San Bernardino, originario del Pakistan, e ai fratelli autori dell'attentato alla maratona di Boston, le cui radici erano in Cecenia. E che sembra Omar abbia citato nella sua telefonata. Si tratta di giovani in tutto e per tutto integrati nella società americana. Almeno così sembrava.

Omar, nato a New York ed ex guardia giurata, viveva in una cittadina a quasi 200 chilometri dal luogo della mattanza, Fort Pierce. E in queste ore di febbrili indagini da parte dell'Fbi il confine tra l'atto di un folle che odiava i gay e quello di un 'lupo solitariò radicalizzatosi all'Islam è ancora labile. Certo è che il killer era noto al Bureau: l'Fbi indagò due volte su di lui per terrorismo (e due volte fu interrogato, nel 2013 e nel 2014). Ma anche se fu inserito in una lista di presunti 'simpatizzantì dell'Isis, le indagini non proseguirono, ha confermato stasera Ronald Hopper, un agente speciale dell'Fbi.

«Il movente religioso non c'entra nulla, ha visto due gay che si baciavano a Miami un paio di mesi fa ed era molto arrabbiato», ha giurato invece il padre del killer. Che poi però si è scoperto essere un sostenitore dei talebani afghani: «I nostri fratelli del Waziristan, i nostri guerrieri nel movimento e i talebani dell'Afghanistan stanno risollevandosi», arringa Mir Seddique Mateen in un video su YouTube. Tutte le piste vengono seguite. Mentre si cerca di ricostruire quei terribili minuti che hanno sconvolto la vita delle centinaia di persone che sabato sera affollavano il Pulse, il locale gay più famoso della Florida dove era in corso una serata di musica latinoamericana. Omar è entrato e ha cominciato a sparare all'impazzata. I testimoni raccontano di scene di terrore con la gente che urlava e il fuggi fuggi generale. Il killer impugnava un fucile d'assalto e una pistola, e portava con sè un ordigno. Un secondo congegno esplosivo sarebbe stato ritrovato nell'auto dell'uomo.

La sparatoria, iniziata all'interno del locale, sarebbe poi continuata fuori, quando una guardia che lavorava nel club ha tentato di affrontare l'aggressore. Quest'ultimo si è ritirato nel retro e ha ripreso a sparare prendendo degli ostaggi. La polizia ha quindi deciso di intervenire ricorrendo a delle 'esplosioni controllatè per farsi largo. Almeno nove agenti hanno preso parte all'operazione che è terminata con la morte del killer. Uno degli agenti è rimasto leggermente ferito, mentre un altro si è salvato da un proiettile alla testa grazie all'elmetto.

In serata, a sostegno della pista dell'omofobia, è arrivata un'altra notizia da Los Angeles, dove un uomo armato fino ai denti con fucili stile militare ed esplosivi è stato arrestato a Santa Monica, mentre era diretto al Gay Pride. Per gli investigatori non ci sarebbe alcun legame con la strage di Orlando. Ma oggi è tutta la comunità Lgbt americana a piangere, come dopo la strage di Charleston fu quella afroamericana. E che si tratti di terrorismo islamico o di puro e semplice odio per chi viene ritenuto diverso, non c'è dubbio che oggi l'America si è svegliata più debole e vulnerabile che mai.

 

 

 

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