LONDRA. Gli anti-Ue nella campagna referendaria della Brexit continuano nella loro 'offensiva' per ridurre l'immigrazione nel Regno Unito. Promettendo un sistema «più giusto e umano», l'ex sindaco di Londra Boris Johnson e il ministro della Giustizia Michael Gove lanciano un nuovo 'attaccò con l'idea di introdurre un meccanismo a punti per tutti gli immigrati, come in Australia, con cui controllare e limitare fortemente gli ingressi nel Paese, restringendoli, fra l'altro, a chi può già contare su una offerta di lavoro in Gran Bretagna. Secondo i due esponenti euroscettici è necessario, con l'uscita del Paese dall'Ue, abbandonare il principio di libera circolazione che ha colpito i salari dei britannici e pesato troppo sui servizi pubblici nazionali. Johnson intanto intima agli stranieri di imparare l'inglese se vogliono trasferirsi nel Regno. Così il fronte anti-Ue cavalca sempre di più lo spauracchio dell'immigrazione dopo che è emerso dai recenti sondaggi che su questo argomento è possibile fare breccia nell'elettorato e recuperare i punti persi nelle scorse settimane quando invece il confronto era più incentrato sulle conseguenze economiche di una Brexit. Mentre la campagna pro Ue cerca di rispondere all'offensiva di Vote Leave. Il sindacato Tuc pubblica uno studio dal quale emerge che in caso di divorzio da Bruxelles i salari subirebbero una riduzione in media di 38 sterline a settimana entro il 2030.