Lunedì 23 Dicembre 2024

L'Aja accoglie la richiesta dell'Italia: Girone in patria durante l'arbitrato

Il fuciliere Salvatore Girone

ROMA. Salvatore Girone sarà in Italia durante l'arbitrato. Sarebbe questa la decisione del Tribunale dell'Aja che avrebbe accolto la richiesta italiana, invitando le parti a concordare le modalità del rientro del fuciliere in patria. L'ordinanza verrà resa pubblica domani. «Con riferimento a quanto detto dall'ANSA, la Farnesina informa che il Tribunale arbitrale istituito a L'Aja ha oggi anticipato la propria decisione che il Fuciliere di Marina Salvatore Girone faccia rientro in Italia fino alla conclusione del procedimento arbitrale, avviato dal Governo il 26 giugno 2015. Le condizioni del rientro saranno concordate tra Italia e India», si legge in una nota. «Il Governo ha lavorato per sottoporre l'intera vicenda all'arbitrato internazionale e, in questo quadro, riportare a casa i due Fucilieri di Marina. L'ordinanza annunciata apre la strada a questo risultato. Si tratta quindi di una buona notizia per i due Fucilieri, le loro famiglie e per le ragioni sostenute dal Governo e dai nostri legali. Il Governo conta su un atteggiamento costruttivo dell'India anche nelle fasi successive e di merito della controversia», prosegue la nota. «La decisione del Tribunale de L'Aja recepisce le considerazioni legali e di ordine umanitario derivanti dalla permanenza di Girone in India da oltre quattro anni e che avrebbe potuto prolungarsi per altri due o tre anni, tenuto conto della prevista durata del procedimento arbitrale. Il Governo - sottolinea la Farnesina - avvierà immediatamente le consultazioni con l'India affinchè siano in breve tempo definite e concordate le condizioni per dare seguito alla decisione del Tribunale arbitrale. Il Governo sottolinea che la decisione odierna del Tribunale relativa alle misure richieste dall'Italia in favore del Sergente Girone non influisce sul prosieguo del procedimento arbitrale, che dovrà definire se spetti all'Italia o all'India la giurisdizione sul caso della Enrica Lexie», conclude la Farnesina.

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