IL CAIRO. Bandiere italiane sono state bruciate in diversi punti dell'est della Libia negli ultimi giorni: da Tobruk a Bengasi, passando per Derna, gli episodi segnalati da media arabi e Twitter confermano che il passato coloniale italiano ha lasciato in Cirenaica uno strascico di risentimento facilmente riesumabile nel braccio di ferro fra il premier Fayez Al Sarraj e il generale Khalifa Haftar. Un caso è stato segnalato a Tobruk, la città dove è insediato il parlamento che nega la fiducia a Sarraj, il premier appoggiato dalla comunità internazionale, e sostiene invece Haftar, il militare su cui punta l'Egitto. In «centinaia», almeno secondo il sito Alwasat, hanno manifestato dopo la preghiera islamica del venerdì brandendo cartelli con le scritte «no all'intervento dell'Italia nei nostri affari interni» e «l'Italia non si sogni di occupare il nostro paese». Almeno una bandiera è bruciata anche a Derna per protestare contro l' «interferenza italiana e dell'Onu in Libia», ha riferito il Libya Herald descrivendo un episodio anti-italiano pure in una città in cui i jihadisti che hanno cacciato l'Isis ora combattono contro le forze di Haftar. «No all'intervento italiano» si poteva leggere in una scritta rossa sul campo bianco di un tricolore dato alle fiamme a Bengasi, almeno stando a una didascalia circolata su Twitter e che potrebbe documentare un episodio risalente a giorni fa ma anche uno nuovo. Manipolabilità dei social network a parte, si intuisce comunque un clima ostile suscitato da storici timori di una replica dell'invasione italiana del 1911 mentre la realtà è molto più prosaica: come ricordato giovedì in Senato dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, l'obiettivo dell'Italia è «la stabilizzazione» di una Libia unita rispondendo a richieste del nascente governo di Sarraj dapprima in campo «umanitario ed economico» e solo dopo in quello della «sicurezza». Lo stesso premier libico, in un breve discorso televisivo fatto venerdì sera, ha detto che sta elaborando una «strategia» per «eliminare» i jihadisti dell'Isis «usando mani libiche», e «non attraverso alcun tipo di intervento straniero». Contro l'Isis, che controlla Sirte e circa 250 chilometri dell'omonimo golfo soprattutto ad est ma anche ad ovest della città natale del rais Muammar Gheddafi, sta muovendo quel mix di truppe regolari e milizie che costituisce l'«Esercito nazionale libico» di cui Haftar è comandante generale per conto del parlamento di Tobruk. Il presidente di questa Camera dei deputati, Aqila Saleh, ha ammonito Sarraj a non atteggiarsi a comandante supremo delle forze armate come il premier avrebbe fatto giovedì esortando Haftar a sospendere i preparativi dell'attacco a Sirte e ad aspettare la formazione di una «direzione comune delle operazioni» che coordini le sue truppe con le milizie della potente municipalità di Misurata. Il generale è sembrato cogliere l'invito andando in vacanza a Hurghada, sul Mar rosso egiziano a lui politicamente tanto caro, ma fonti ufficiali e ufficiose dell'esercito assicura che i preparativi continuano, sotto la guida del colonnello Abdallah Nour.