BRUXELLES. Per Barack Obama «i muri non servono» per frenare l'immigrazione, mentre al mondo servirebbe un'Europa «unita e forte». Invece la Ue tende a sgretolarsi a est e l'Austria rafforza i controlli alla frontiera con l'Ungheria e si prepara a ripristinare il confine al Brennero. Pattuglie di militari oggi sono schierate a sorvegliare tratti della frontiera, mentre la polizia ha cominciato a verificare i veicoli ai principali punti di accesso dall'Ungheria, spiegando che i controlli - di durata non specificata - servono ad impedire ingressi illegali da altri paesi europei. Per mercoledì prossimo è stata invece organizzata una conferenza stampa proprio al valico del Brennero per illustrare «il management di controllo del confine» con l'Italia. Da Hannover, il premier Matteo Renzi è tornato a sottolineare che «non c'è alcun elemento che giustifichi la chiusura del Brennero e quindi pensiamo che le autorità austriache non potranno che rispettare la normativa Ue. Se così non fosse sarà la Ue a prendere le decisioni conseguenti», ha avvertito. Ma per ora Bruxelles non ha risposte alla lettera inviata da Gentiloni e Alfano due settimane fa per chiedere ufficialmente «con estrema urgenza la verifica della compatibilità» delle misure austriache con le regole del Codice Schengen. L'accelerazione austriaca arriva appena 24 ore dopo il trionfo dell'estrema destra al primo turno delle presidenziali. Con il candidato dello xenofobo partito della Libertà, l'ingegner Norbert Hofer, che ha conquistato oltre il 36% dei voti. E nel ballottaggio affronterà l'ecologista Alexander van der Bellen, mentre i candidati di socialisti e popolari (che in coalizione governano l'Europa) sono rimasti fuori. Risultato di ampiezza storica per lo Fpo: il partito fondato da Jorg Haider non era mai andato oltre il 27%. Dopo la morte del controverso leader nel 2008, lo Fpo è stato però rivitalizzato da Heinz-Christian Strache, che in Europa è alleato di Le Pen, Salvini e Wilders. Le divisive scelte di Vienna di intensificare i controlli arrivano proprio mentre dal G5 di Hannover, che prepara la strategia per rimettere sotto controllo Siria e Libia, Barack Obama ha scandito che «gli Usa e il mondo hanno bisogno di un'Europa forte». Aggiungendo che «quello di cui non c'è bisogno nel mondo sono i muri», il presidente Usa ha citato anche Papa Francesco: «Ha detto che i profughi non sono numeri ma persone, che hanno volti e storie». Argomenti che però non fanno breccia in un'Europa che non riesce a frenare il contagio populista. Renzi chiede una Ue «capace di investire nella crescita, contro il populismo». Ma questa Ue è divisa su tutto. Nel gennaio del 2000 al Consiglio della Ue a 15 bastò una minaccia di sanzioni politiche per frenare l'ascesa di Haider. Ora la Commissione europea è impegnata da anni a perdere il braccio di ferro col premier ungherese Viktor Orban, che a colpi di maggioranza assoluta ha riscritto la costituzione rintuzzando sistematicamente i rilievi di Bruxelles. Ieri, celebrando in Parlamento il quinto anniversario della nuova legge fondamentale ungherese, Orban ha dichiarato: «Per essere chiari, posso dire che l'islamizzazione è costituzionalmente proibita in Ungheria». Parole che svuotano di significato il principio di non discriminazione religiosa su cui si fonda l'Unione europea. Non sembra destinato a maggior successo lo sforzo di Bruxelles di contenere la deriva della Polonia, mentre nel Regno Unito che si prepara al referendum sulla Brexit, la ministra dell'Interno Theresa May oggi ha sostenuto che Londra non dovrebbe uscire dalla Ue ma «lasciare la Convenzione europea dei diritti umani».