ROMA. Stava collaborando con la famiglia Regeni, e con lui l'associazione di cui è presidente, Ahmed Abdallah, attivista arrestato ieri in Egitto. Le accuse che gli vengono mosse, fa sapere Amnesty International, sono di adesione a un gruppo «terroristico e promozione del 'terrorismò». Ma Abdallah non è il solo finito nelle ultime ore nelle mani delle forze speciali. Basta consultare la pagina facebook della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecfr), l'organizzazione non governativa di cui Abdallah fa parte, per rendersene conto. Ed è la stessa Amnesty a fornire cifre che parlano da sole: sono almeno 238 le persone, tra cui attivisti e giornalisti locali e stranieri, fermate in varie città dell'Egitto il 25 aprile, giorno in cui si celebra il ritiro nel 1982 di Israele dalla penisola del Sinai. Tra gli arrestati, anche la nota l'attivista Sanaa Seif e l'avvocato Malek Adly. Ma la principale novità emersa riguarda, appunto, Ahmed Abdallah. L'attivista stava infatti offrendo una consulenza ai legali della famiglia Regeni nel tentativo di raccogliere elementi utili sul caso del giovane ricercatore torturato e ucciso al Cairo, visto che a quasi tre mesi dal ritrovamento del corpo il 3 febbraio, non c'è ancora nessun punto fermo, ma solo ricostruzioni ritenute inattendibili o veri e propri despistaggi. A rendere nota l'attività che Abdallah stava svolgendo per loro, sono stati gli stessi Regeni dicendosi «angosciati» per il suo arresto e «per la recente ondata di arresti in Egitto ai danni di attivisti per i diritti umani, avvocati e giornalisti anche direttamente coinvolti nella ricerca della verità circa il sequestro, le torture e l'uccisione di Giulio». Numerose le reazioni politiche. Patrizia Toia, capo delegazione del Pd al Parlamento europeo, definisce «inquietante» l'arresto del consulente e chiede a Bruxelles un nuovo intervento sulle autorità egiziane. Paolo Ferrero del Prc insiste perchè sia espulso l'ambasciatore egiziano a Roma. Nicola Fratoianni, di Sinistra Italiana, parla di situazione inaccettabile. Interviene di nuovo anche Londra. Il governo britannico ha ribadito di essere «inorridito» dall'omicidio di Regeni: una posizione che emerge dalla risposta a una petizione popolare nel Regno Unito con oltre 10 mila firmatari che chiedeva all'esecutivo di esprimersi in modo chiaro e netto. Il comunicato del Foreign Office condanna l'assassinio «brutale» e afferma di essere irritato per i limitati progressi fatti fino ad oggi nella soluzione del caso.