KATHMANDU. Ad un anno dal tragico terremoto che ha colpito il Nepal, gli alpinisti sono tornati in massa sull'Everest contribuendo al rilancio dell'economia locale. Il campo base «è tornato a essere un villaggio pieno di tende e di venditori di tè - scrive oggi il quotidiano The Himalayan Times - grazie all'arrivo di trekker e alpinisti che nelle prossime settimane tenteranno la scalata in vetta».
Il governo ha rilasciato quest'anno 289 permessi a stranieri che vogliono seguire le orme di Edmund Hillary, il primo a conquistare l'Everest nel 1953. In diversi casi si tratta di alpinisti tornati in Nepal dopo aver rinunciato all'impresa lo scorso anno a causa del sisma che ha colpito il campo base uccidendo 19 persone. Anche nel 2014 non ci furono scalate per via della strage di 16 guide nepalesi travolte da una valanga mentre stavano attrezzando una via su un ghiacciaio.
All'inizio dell'anno le autorità hanno deciso di estendere di due anni la validità dei costosi permessi (11 mila dollari) non utilizzati. Mentre il 'business' dell'Everest è rifiorito, non altrettanto è per il turismo e i trekking nel resto del Paese himalayano. Secondo l'Associazione delle agenzie di trekking nepalesi il settore è in calo del 40% rispetto all'anno scorso. Il sisma di magnitudo 7.8 gradi del 25 aprile ha causato oltre 8 mila morti e inferto un grave colpo all'industria turistica che è una delle principali risorse per la sussistenza di decine di migliaia di 'sherpà, albergatori e ristoratori.
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