PARIGI. Due milioni di euro e lingotti d'oro? «È tutto folklore». Così Jean-Marie Le Pen, ex presidente e fondatore del Front National, intervistato dal Corriere della Sera per il suo coinvolgimento nello scandalo dei Panama Papers per un presunto «tesoro» nascosto nei conti offshore.
«Nego tutto in blocco», «non ho neanche una linea di difesa su questo cosiddetto scandalo di Panama. Non rispondo a insinuazioni, calunnie, pettegolezzi», dice. «Con i conti digitali si trasferiscono miliardi con un clic, ma i lingotti colpiscono di più l'immaginazione», sottolinea. «A proposito, ma non si era detto che la modernità era la libera circolazione delle persone, dei capitali?».
Anche in Europa abbiamo «paradisi fiscali», prosegue, «Da Londra a Guernsey al Lussemburgo... Se ci sono dei paradisi fiscali è perchè ci sono degli inferni fiscali. La Francia ne è uno, con il 46% di tasso di prelievo». «Comunque, finora la gente ha nascosto i soldi, adesso nasconderà anche se stessa. Dopo l'evasione avremo l'emigrazione fiscale». E a proposito della condanna a pagare 30mila euro di multa per le affermazioni sulle camere a gas (le ha definite «un dettaglio della Storia», ndr), Le Pen dice che «la libertà di espressione in Francia è estremamente limitata».
«La volontà persecutoria è evidente», prosegue. «Sono oggetto di cinque ingiunzioni fiscali. Sono venuti qui a perquisire il mio ufficio, hanno spaccato la cassaforte, mi hanno sequestrato il computer. Poi c'è la denuncia del Parlamento europeo, che vuole 360mila euro per il mio assistente che avrebbe lavorato tre settimane su 5 anni. È un mondo in decomposizione, che se la fa addosso mentre i barbari non sono alle porte, sono già entrati».
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