ROMA. Un kamikaze che si doveva "sbrigare", che non si sentiva più al sicuro e non voleva finire in cella come Salah Abdeslam, il cui arresto forse voleva vendicare. E' Ibrahim el Bakraoui, l'attentatore suicida dell'aeroporto di Zaventem, che si confessa nel suo 'testamento' rinvenuto in un pc trovato ieri nella spazzatura nei pressi del covo in rue Max Roos di Schaerbeek a Bruxelles. Lo stesso da dove era partito a bordo di un taxi con gli altri due attentatori del commando che ha colpito l'aeroporto. E lo stesso dove è stato rinvenuto un vero e proprio arsenale: 15 kg di esplosivo di tipo Tatp, 150 litri di acetone, 30 litri di acqua ossigenata, detonatori, una valigia piena di chiodi e viti e altro materiale. Il Tatp è lo stesso utilizzato negli attentati di Parigi, è considerato la 'firma' degli attentati dell'Isis in Europa. I miliziani sono stati addestrati ad assemblarlo e usarlo già nel 2013 in Siria e Iraq, ancora prima che Abu Bakr al Baghdadi si proclamasse 'Califfo' dello Stato islamico. Naijim Laachraoui, identificato come il secondo kamikaze dell'aeroporto di Bruxelles, è considerato l'artificiere degli attacchi di Parigi e di quelli di Bruxelles. La sua morte non è stata ancora ufficialmente confermata dalle autorità. Ma appare chiaro che potrebbe essere solo uno dei tanti in grado di assemblare un ordigno: se fosse stato l'unico di cui può disporre Baghdadi in Europa, non sarebbe stato 'sacrificato'. L'Isis, hanno rivelato fonti dell'intelligence europea e irachena, potrebbe contare sul "almeno 400 combattenti" inviati in Europa e pronti a colpire. Si tratta di cellule autosufficienti, e in qualche modo autonome: hanno l'ordine di scegliere i luoghi, i tempi e i metodi di attacco. Il terzo attentatore partito in taxi dall'appartamento di Schaerbeek, 'l'uomo con il cappello' immortalato dalle telecamere di sorveglianza non è ancora stato identificato, né è chiaro perché il suo bagaglio, quello caricato con la maggior quantità di Tatp, sia rimasto inesploso. Forse un errore causato dalla fretta: il commando è infatti inciampato nell'imprevedibile. I tre avevano chiesto un furgone alla compagnia di taxi, ma è arrivata una berlina. Questo ha costretto i tre a lasciare parte dell'esplosivo nel covo, i 15 chilogrammi e le borse con bulloni e chiodi poi trovati dalle forze speciali a Schaerbeek. Ma sarebbero riusciti comunque a trasportare tra i 20 e i 45 kg di esplosivo che hanno devastato l'aeroporto. Subito dopo l'inizio dell'attacco a Zaventem, 'l'uomo con il cappello' si sarebbe dato alla fuga con "una Audi, immatricolata a nome di un residente di Limburgo (Liegi) segnalato per radicalismo - hanno rivelato i media belgi -. E' probabile che appartenga a una cellula legata all'Isis, basata a Maaseik, da dove sono partiti diversi foreign fighter diretti in Siria". Sull'Audi, che sarebbe stata notata nei pressi dell'aeroporto prima delle esplosioni, c'erano almeno 3-4 persone, dicono alcuni testimoni. E resta il mistero su un secondo commando che aveva il compito di colpire nella metro: Khalid Bakraoui, fratello del kamikaze dell'aeroporto Ibrahim, si è fatto esplodere seminando morte e panico alla stazione di Maelbeek. E' lui che ha affittato sotto falso nome l'appartamento di Forest e del covo di Charleroi, servito per la preparazione degli attacchi di Parigi. Nell'attentato alla metro sarebbe stato aiutato, perlomeno 'trasportato' da alcuni complici. Insomma, le drammatiche preoccupazioni delle intelligence occidentali si materializzano: l'Isis in Europa può contare su decine di cellule interdipendenti e soprattutto un network molto più ampio che include responsabili della logistica per le basi sicure, le auto, gli spostamenti, le armi, le sostanze per assemblare ordigni. Si intravede poi una sorta di 'supercellula' che mantiene i contatti con il quartier generale a Raqqa e coordina 'l'esercito europeo'. Gli attentati, rivelano i media belgi, erano pianificati per il giorno di Pasquetta, ma sono stati anticipati a causa dell'arresto di Salah Abdeslam. Ancora non è chiaro se si sia trattato di una vendetta per la cattura di Salah e l'uccisione di Mohammed Belkaid a Forest, o della paura di essere scoperti, come il 'testamento' di Ibrahim el Bakraoui lascia intendere.