NEW YORK. Immigrazione, Islam, Cuba e lotta all'Isis: i candidati repubblicani alla Casa Bianca hanno messo in mostra tutte le loro differenze dal palco dell'università di Miami, a quattro giorni dalle primarie della Florida. Ma stavolta niente insulti, niente eccessi verbali, niente attacchi personali: a regnare è il politicamente corretto, forse per rispondere a chi ha accusato la compagine del Grand Old Party di portare avanti una campagna elettorale volgare e violenta. A far capire che la serata sarebbe stata molto diversa dalle altre è stato il numero uno del partito, Reince Preibus, che prima dell'inizio del dibattito ha respinto le ricostruzioni che parlano di caos tra i repubblicani: «Chiunque vincerà la nomination, noi lo sosterremo in maniera unitaria». L'appello a non acuire le lacerazioni interne ha avuto effetto. Un dibattito così pacato tra Donald Trump e i suoi avversari non si era mai visto, a tratti soporifero. Tanto che sui social media qualche commentatore politico si è chiesto ironicamente cosa avessero messo nell'acqua dell'ateneo di Miami. Lo stesso tycoon newyorchese, insolitamente tranquillo e in pieno controllo di sè, stenta a credere che i suoi avversari abbiano per una volta rinunciato ad attaccarlo sul piano personale. E lui risponde con la stessa delicatezza. Forte non solo sul fronte del numero dei delegati fin qui conquistati e su quello dei sondaggi. Ma anche per aver incassato un altro endorsement molto pesante e per nulla scontato: quello dell'ex chirurgo Ben Carson, ritiratosi dalla corsa giorni fa e che con la sua mossa ha colto di sorpresa molti osservatori e spiazzato molti dei suoi sostenitori. Eppure l'ultimo appuntamento in tv prima delle primarie in Florida e in altri quattro stati martedì prossimo era per Marco Rubio, Ted Cruz e John Kasich quasi un'ultima spiaggia. Nell'ennesimo 'Super Tuesday' (si vota anche in Ohio, Illinois, Missouri e North Carolina) in gioco ci sono 350 delegati. E qui chi vince prende tutta la posta in palio, grazie alla regola del 'winner-takes-all'. A giocarsi tutto sono soprattutto Rubio e Kasich, che se dovessero perdere nei loro stati - Florida e Ohio - sarebbero praticamente fuori: «Queste elezioni sono le più importanti da generazioni. In gioco c'è la nostra identità . Dobbiamo fare la scelta giusta per l'America del futuro», l'appello in apertura del giovane senatore di origini cubane, subito dopo il minuto di silenzio per ricordare l'ex first lady Nancy Reagan. È proprio Rubio ad attaccare maggiormente Trump. Sull'immigrazione, quando il tycoon per una volta non parla del muro, ma rilancia la proposta di sospendere la carta verde per i lavoratori stranieri: «Io la uso, ma non dovrebbe essere permesso. È un grande male per i lavoratori americani». Poi ancora l'Islam, quando si consuma l'unico vero battibecco della serata: «I musulmani ci odiano, molti di loro vogliono attaccarci, e questo è un problema», ribadisce Trump. Pronta la risposta di Rubio, che accusa l'avversario di creare «un ambiente ostile»: «Un presidente non può dire quello che vuole, perchè quello che dice ha conseguenze in patria e nel mondo». «Io non sono interessato al politicamente corretto - la replica del tycoon - perchè dobbiamo risolvere il problema prima che sia troppo tardi. E io voglio risolvere il problema». Come vuole risolvere il problema dell'Isis, contro cui il tycoon sarebbe pronto a inviare 20-30 mila soldati. Dal dibattito di Miami non poteva essere assente Cuba, con le primarie della Florida che cadono una settimana prima lo storico viaggio del presidente Barack Obama a L'Avana. E se Rubio e Cruz - entrambi di origine cubana - ribadiscono il loro 'nò al disgelo ('aiuta solo il regime dei fratelli Castrò), per Trump è ora di cambiare politica: dopo 50 anni ci vuole 'un grande accordo«, ha detto. Intanto da un sondaggio del Wall Street Journal emerge come la contrastata campagna elettorale per la Casa Bianca generi incertezza sul futuro dell'economia americana. E per l'80% degli economisti intervistati, se dovessero vincere Donald Trump o Bernie Sanders aumenterebbero i rischi di un peggioramento della situazione.