ROMA. «È da ritenere elevato il rischio di nuove azioni in territorio europeo» da parte del terrorismo jihadista; potrebbero essere «attacchi eclatanti sullo stile di quelli di Parigi». Lo indica la relazione annuale dell'intelligence inviata oggi al Parlamento.
Parigi, evidenzia la relazione, «ha verosimilmente inaugurato una strategia di attacco all'Occidente destinata a consolidarsi». I rischi arrivano sia da emissari dello Stato Islamico inviati ad hoc, inclusi foreign fighters addestrati in teatri di guerra, che da militanti già presenti e integrati-mimetizzati in Europa.
La relazione segnala «un inquietante salto di qualità strategico della sfida posta dal terrorismo internazionale»: ad un arretramento sul piano militare del Califfato è corrisposta una «proiezione extraterritoriale» di tipo terroristico, come dimostrato con gli attacchi di Parigi. Questi ultimi hanno evidenziato «forme di coordinamento orizzontale flessibile - seppure stabile e continuativo grazie anche alle comunicazioni su social network e chat criptate - tra una 'direzione centralè, presente in territorio siriano o iracheno, e cellule delocalizzate, chiamate a gestire in autonomia i dettagli della pianificazione operativa, calibrando logistica, obiettivi, tempi e luoghi secondo capacità ed opportunità». E la minaccia è portata avanti da diversi attori: jihadisti individuali che si radicalizzano sul web, lupi solitari e microcellule presenti in Occidente, foreign fighters di ritorno.
Un «ulteriore elemento di pericolo» arriva poi dal rischio emulazione degli attentati francesi, portati avanti contro 'soft target' per i quali «è impensabile poter assicurare la protezione fisica». «
La minaccia così delineata - osserva la relazione - che può concretizzarsi per mano di un novero diversificato di attori, rende il 'rischio zerò oggettivamente impossibile». Non è poi superato il pericolo al Qaeda, anzi, «proprio la competizione con Daesh potrebbe rafforzare la determinazione qaidista a intervenire sulla scena globale con atti eclatanti»
Nessun riscontro di infiltrazioni terroristiche nei flussi migratori dal Nordafrica, mentre il rischio «si presenta più concreto» lungo la rotta balcanica. Lo indica la relazione annuale dei servizi di intelligence inviata al Parlamento, evidenziando come la regione balcanica sia zona di transito privilegiato di foreign fighters (oltre 900 sono partiti da lì per i teatri di guerra), nonchè area di «realtà oltranziste consolidate».
«La massa di persone in movimento verso lo spazio comunitario - osserva la relazione - oltre a costituire un'emergenza di carattere umanitario, sanitario e di ordine pubblico, può presentare insidie sul piano della sicurezza». E l'attività d'intelligence si è focalizzata sulle possibili contaminazioni tra immigrazione clandestina e terrorismo, anche alla luce del fatto che «i contesti di crisi siriana, irachena, libica, subsahariana e del Corno d'Africa sono infiltrati in parte da espressioni terroristiche di matrice islamista che possono inquinare i canali dell'immigrazione e sottoporre alla radicalizzazione elementi poi destinati ad emigrare nei Paesi europei». Va poi considerato, aggiungono gli 007, «come l'aver vissuto in aree di guerra, talvolta partecipando attivamente ai combattimenti, possa conferire ai nuovi migranti un profilo potenzialmente critico, derivante soprattutto dall'expertise 'militarè acquisita».
In Libia, da dove proviene il 90% dei migranti sbarcati in Italia, «operano organizzazioni di trafficanti strutturate e flessibili, a prevalente composizione multietnica, in grado di gestire tutte le fasi del trasferimento». In Italia proliferano gruppi criminali etnici composti prevalentemente da egiziani, del Corno d'Africa e rumeni, specializzati sia nella falsificazione documentale sia nel fornire assistenza ai migranti per il trasferimento dai centri di accoglienza alle località di destinazione nel Nord Europa.
È emersa inoltre l'operatività di sodalizi brindisini attivi nel trasferimento di migranti dalle coste della penisola balcanica meridionale verso l'Italia. Quanto alla diffusione del radicalismo islamico nei Balcani, i servizi indicano rischi «sia per il suo potenziale destabilizzante, sia per l'eventualità di un insediamento nella regione di basi logistiche in grado di supportare pianificazioni terroristiche contro Paesi europei, incluso il nostro».
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