Lunedì 23 Dicembre 2024

New Jersey, Trump vola verso il "Super Tuesday"

NEW YORK. A pochissimi giorni dal Super Tuesday, Donald Trump mette a segno un colpo a sorpresa. Incassa il pesantissimo appoggio del governatore del New Jersey, Chris Christie, ritiratosi dalla corsa qualche settimana fa ma adesso in odore di 'ticket' proprio con il miliardario newyorchese. Trump potrebbe sceglierlo per la vicepresidenza, un ruolo per il quale ha già spiegato di puntare ad una figura politica. Il governatore non commenta l'ipotesi e si schernisce: «Non vedo l'ora di finire il mio mandato per potermi dedicare a un'attività privata. E fare tanti soldi come Donald...», scherza. Ma i ben informati sospettano che dietro la decisione di Christie di sospendere la campagna elettorale ci sia proprio la promessa di una candidatura da vicepresidente. «Il partito repubblicano ha bisogno di un candidato che possa battere Hillary Clinton e Trump è l'unico che può farlo», assicura intanto il governatore, secondo il quale il tycoon non ha avversari. Quegli avversari che Trump definisce «disperati». In effetti, dopo l'ultimo dibattito repubblicano sul palco della University of Houston, in Texas, l'unico che sembra in grado di poter contrastare Trump resta Marco Rubio, il giovane senatore della Florida appoggiato dall'establishment del partito repubblicano. Ma per lui, che sembra finalmente aver trovato la giusta verve per affrontare il vulcanico 're del mattonè, potrebbe essere davvero troppo tardi. Proprio in Texas, lo stato che nel Super Martedì assegna più delegati, è solo terzo nei sondaggi, dietro al senatore Ted Cruz (che gioca in casa) e allo stesso Trump. Ma, cosa che preoccupa ancor di più, Rubio è indietro nel suo stato, la Florida, dove si voterà il 15 marzo. E dove, soprattutto, vale la regola del 'winner-takes-all', chi vince si prende tutti i delegati in palio. «È ora di smascherare Trump e porre fine a questo circo», ha attaccato Rubio con una veemenza mai vista nel giovane senatore, cosciente di essere all'ultima spiaggia. Davanti a una platea dove sedevano anche Bush padre e l'ex first lady Barbara (ironia della sorte era il primo dibattito senza il figlio Jeb), Rubio ha accusato Trump di aver assunto per decenni lavoratori irregolari, gli stessi che vorrebbe deportare o non vorrebbe far entrare costruendo il muro al confine col Messico. Molto meno efficace l'ultraconservatore Cruz, che ha rinfacciato a Trump di essere stato un ammiratore di Hillary e di aver dato soldi alla fondazione Clinton. Il tycoon ha liquidato i due senatori l'uno come improvvisatore e incompetente, l'altro come falso e bugiardo. Non solo Rubio e Cruz. Negli ultimi giorni contro Trump è un fuoco di fila incessante. Lo attaccano i vertici del suo stesso partito terrorizzati da una sua nomination, i candidati democratici alla Casa Bianca che lo temono, Barack Obama, il Papa e l'ex presidente messicano che commenta a male parole la storia del muro (con Joe Biden in visita in Messico costretto a chiedere scusa). Ma più si alzano i toni contro la sfacciataggine e il politicamente scorretto del magnate, più lui vola nei sondaggi. E il Super Tuesday del primo marzo, quando si voterà per le primarie in 14 stati, rischia di diventare per Donald una passeggiata.

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