ROMA. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, insieme con la first lady Michelle, si recherà a Cuba i prossimi 21 e 22 marzo. Questo l'annuncio storico della Casa Bianca, che conferma un viaggio che era nell'aria da tempo, con un ulteriore cruciale passo sulla strada della normalizzazione nei rapporti tra Washington e l'Avana. Un disgelo fortemente voluto da Obama, che diventa così il primo presidente americano a mettere piede sull'isola in 88 anni. Pazienza se la destra repubblicana attacca, giudicando il viaggio "assurdo e vergognoso". L'obiettivo di Obama è aggiungere concretezza al processo avviato oltre un anno fa, e per questo i tempi non sono casuali: "Meglio andare adesso e cercare di fare qualcosa di concreto che andare a dicembre facendo diventare il viaggio una 'vacanza a Cuba'. Vogliamo che sia un viaggio produttivo", ha spiegato il consigliere di Obama per la Sicurezza nazionale Ben Rhodes. Ovvero capitalizzare sull'interesse sollevato, spingere l'acceleratore per far sì che lo sforzo diplomatico diventi tangibile. E Obama vuole che ciò accada nel pieno del suo mandato, vuole che il suo viaggio non sia considerato il mero "coronamento" di un processo, un atto simbolico pur dirompente, ma che sia fonte di nuovi stimoli su cui costruire. Allora il presidente riconosce le "differenze" che contraddistinguono ancora i rapporti tra Usa e Cuba e promette di sollevarle "direttamente", sottolineando inoltre che "l'America sosterrà sempre i diritti umani nel mondo", mentre dalla Casa Bianca si esclude un incontro tra Obama e Fidel Castro sull'isola, e si precisa che si sta lavorando sulla possibilità che Obama abbia occasione di parlare ai cubani, così come - si assicura - incontrerà i dissidenti. Perché quello del presidente deve essere un intervento ben calibrato, volto a dimostrare agli americani tutti i vantaggi che il passo storico comporta. E' il motivo per cui in queste ore si ripercorrono punto per punto i progressi segnati fino ad ora, il lavoro dietro le quinte anche per stabilire nuovi rapporti commerciali, di cui l'ok dei giorni scorsi ai voli per l'isola caraibica sono la punta dell'iceberg. Ne scrive il New York Times, spiegando che proprio mentre si annunciano le date della visita di Obama, rappresentanti del Tesoro Usa e la controparte cubana si incontrano a Washington per tratteggiare le crescenti possibilità di business tra i due Paesi. E nonostante l'embargo - che la Casa Bianca ha chiesto a chiare lettere al Congresso di rimuovere - Washington ha spinto il più possibile, ha confermato la segretario al Commercio Usa Penny Pritzker, "ma abbiamo bisogno di aiuto dal lato cubano". Questo va a rafforzare Obama, sfidando le ire della destra che, nell'arena infiammata dalla campagna elettorale, grida allo scandalo. Sono i due candidati con origini cubane nella corsa per la nomination repubblicana che colgono la palla al balzo e più di tutti puntano il dito su una visita giudicata "assurda". "Cuba non è libera. E ad un anno e due mesi dalle aperture, il governo cubano resta repressivo come sempre: una dittatura", tuona Marco Rubio. Di natura analoga le critiche di Ted Cruz: "Non andrei mai a Cuba da presidente finché Castro è al potere". Intanto L'Avana sembra tentare di stemperare anche le ultime tensioni con l'incaricata d'affari cubana con gli Usa, Josefina Vidal, che sottolinea: "Barack Obama è benvenuto", anche quando sul tavolo delle trattative ci saranno "tematiche quali quelle dei diritti umani. Sarà trattato con ogni considerazione e rispetto".