ANKARA. Il terrore torna a colpire il cuore della capitale turca Ankara, a poche decine di metri dal Parlamento e dal quartier generale dell'esercito. Decine di morti e di feriti, soprattutto militari, ma anche civili. Un'autobomba è esplosa intorno alle 18 al passaggio di un convoglio militare, all'ora di punta del traffico serale nel centralissimo quartiere di Kizilay. Uno scoppio potentissimo udito in diverse parti della città che ha colpito mezzi su cui viaggiavano i soldati, facendo prendere fuoco anche a diversi veicoli vicini. Il bilancio, ancora provvisorio, era di almeno 28 morti e 61 feriti intorno alle 21:00 italiane. Tra le vittime ci sono certamente militari, che secondo le prime ricostruzioni erano l'obiettivo di un attacco che l'esercito di Ankara definisce «spregevole e ignobile».
Ma nell'esplosione sono probabilmente rimasti colpiti anche dei civili che si trovavano a passare sul posto. Al momento dello scoppio, come mostrano le immagini riprese da una telecamera di sicurezza, diversi veicoli procedevano sui due sensi di marcia della carreggiata. L'autobomba è stata fatta saltare in aria mentre il convoglio militare, composto da mezzi apparentemente non blindati, era fermo a un semaforo. Il premier Ahmet Davutoglu ha subito annullato la sua partenza prevista per Bruxelles, dove era atteso a un Vertice Ue sulla crisi migratoria, per partecipare a un summit sulla sicurezza con il presidente Recep Tayyip Erdogan - che a sua volta ha cancellato il suo viaggio di domani in Azerbaigian - e i vertici dell'esercito. Come da tempo accade ad ogni azione terroristica in Turchia, mentre sono in corso le indagini l'autorità radiotelevisiva ha imposto un divieto di trasmissione delle immagini dal luogo dell'esplosione, comprese quelle di morti e feriti.
«Scopriremo chi c'è dietro questo attacco ben pianificato», promette in tarda serata il vicepremier Numan Kurtulmus, spiegando che al momento non è giunta alcuna rivendicazione e annunciando la formazione di una task force di 7 procuratori per l'indagine. Le autorità non si sbilanciano sui possibili autori e parlano solo di «organizzazione terroristica». Poco più di 4 mesi fa, due kamikaze si erano fatti saltare in aria davanti alla stazione ferroviaria di Ankara, mentre una folla si radunava in un corteo per chiedere la pace nel sud-est curdo, provocando 102 morti. Un attacco attribuito dalle autorità turche all'Isis, che però non lo ha rivendicato. Come non ha rivendicato l'azione del kamikaze che il 12 gennaio ha ucciso 11 turisti tedeschi nel centro storico di Sultanahmet a Istanbul, anche quella perpetrata secondo il governo dallo Stato islamico.
Gli attacchi contro i militari sono quasi quotidiani nel conflitto in corso nel sud-est del Paese contro il Pkk curdo. L'obiettivo delle forze di sicurezza è anche quello privilegiato da sigle di estrema sinistra responsabili di recenti attentati in Turchia, come il Dhkp-c. Una instabilità resa ancora più allarmante dalle tensioni internazionali che coinvolgono il Paese, specie in Siria. Alla Turchia arriva subito la solidarietà della comunità internazionale. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, atteso lunedì proprio ad Ankara, ha espresso le proprie condoglianze al governo turco. L'attacco di oggi solleva ancora una volta forti interrogativi sull'efficacia delle misure di sicurezza e di intelligence. A pochi metri dall'esplosione ha sede il quartier generale delle Forze armate e quello della Marina e dell'Aviazione, poco più distanti ci sono il Parlamento e l'ufficio del primo ministro. Anche per questo, l'autobomba rivela tutta la fragilità della capitale turca e di un Paese sempre più in preda al terrore.
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