PALERMO. Ne abbiamo visti tanti di video con uomini barbuti che tagliano teste o abbattono reperti archeologici, come fecero i talebani nel 2001 quando, con diabolica cecità, usarono la dinamite per far saltare in aria i giganteschi Buddha di Bamiyan, in Afghanistan, perché potevano essere oggetto di idolatria.
I nazisti bruciavano i libri, saccheggiavano capolavori: Hitler progettava un super Führermuseum zeppo di Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Rubens, Rembrandt, Vermeer. Ma detestava l'arte «degenerata»: «Chiunque veda il cielo verde e i prati blu dovrebbe essere sterilizzato» disse il fuhrer a proposito di Van Gogh. Loro, i nazi-jihadisti dello Stato islamico, nella campagna di annientamento dell'esistenza, si scagliano contro il passato, fanno saltare in aria siti di culto, massacrano musei e luoghi che tramandano sapienza. Abbattono statue con caterpillar e martelli pneumatici, come atto di iconoclastia e di sfregio delle culture politeiste anteriori all'Islam. «Nell'interpretazione estremistica dell'Islam le statue, gli idoli, i santuari sono oggetti di culto diversi da Dio e per questo vanno distrutti», spiega Paolo Matthiae, l'archeologo che scoprì Ebla e che ieri ha presentato a Palermo il suo saggio «Distruzioni, saccheggi e rinascite» (Electa).
Può sembrare un paradosso ma non lo è. Il patrimonio artistico e culturale mondiale è a rischio: e il pericolo viene dall'uomo. Che, in pratica, uccide se stesso. Lo ha fatto in passato, dalla leggendaria Troia, a Cartagine, fino a Dresda, a Hiroshima.
«Purtroppo è così, la situazione è tragica dal punto di vista umano ma altrettanto sul piano culturale. Chi ha una fede totalitaria vede nel diverso da sé un nemico, sviluppa una logica che pretende l'azzeramento di identità, cultura, ambiente e memoria delle popolazioni da convertire, a vantaggio di una monocultura disumanizzata, svincolata dalla storia».
Il mondo non potrà mai fare a meno dei monuments men, quella task force che recuperò le opere sottratte dai nazisti. «Durante il conflitto mondiale i danni furono connessi ai bombardamenti, agli scavi clandestini fuori controllo, ora siamo alle distruzioni intenzionali, al desiderio di cancellazione di culture e popolazioni per farle rinasce, secondo la folle ideologia, nelle condizioni originari, all'inizio del Califfato islamico. Ho spesso definito questa una nuovissima barbarie ma, in realtà, si tratta di un'antichissima barbarie: l'odio dell'altro ha sempre comportato la condanna a morte dell'altro».
Mesopotamia, Tigri, Eufrate sono nomi che riportano alle prime, fondamentali, nozioni di storia. Oggi in quelle regioni si perpetrano crimini contro l'umanità e contro il patrimonio: che l'Unesco ha equiparato. «La catena uomo-natura-cultura non può essere tranciata: è essenziale, quando la crisi finirà, che il popolo siriano abbia di nuovo la sua cultura, la sua natura, il suo ambiente, la sua memoria. Dopo la Seconda guerra mondiale, l'Unesco decise di cambiare, definendo i beni artistici, monumentali e archeologici, come intoccabile patrimonio dell'umanità. Il principio è stato accolto da quasi tutto il mondo ma ora ci troviamo di fronte a uno pseudo stato».
Quali iniziative si possono mettere in atto per evitare che ciò avvenga?
«In prospettiva, quando sarà cessato il pericolo e la sicurezza lo permetterà si potrà procedere in due modi. Il primo si basa sulla proposta di Franceschini di istituire i Caschi blu della cultura, una forza che si occupi del patrimonio culturale nei luoghi di crisi. Il secondo prevede, con i mezzi che la moderna tecnologia consente, la ricostruzione in 3D del patrimonio scomparso».
Uno spietato mercato dell'arte finanzia l'Isis...
«L'Isis da una parte distrugge i monumenti e dall'altra organizza un traffico di opere per denaro che rappresenta una voce di finanziamento ma non la più importante».
Quali sono i siti più a rischio?
«Difficile da dire. Palmira era un posto simbolico ma questo non ha fermato quegli esaltati. Più sono famosi i luoghi, più sono sotto tiro. Un portavoce dell'Isis ha annunciato che quando conquisteranno Damasco, il primo luogo da colpire sarà il mausoleo dove è sepolto il Saladino, eroe del mondo islamico. Anche lui un oltraggio a Dio».
Era una foresta di pietra nel cuore del deserto siriano, Palmira. Laggiù, in quel crocevia di antiche culture, lavorava Khaled al-Asaad. Un padre/archeologo che ha salvato i suoi figli/reperti dalle zanne dell'Isis rimettendoci la vita. Una figura di archeologo/eroe a cui lei ha dedicato il suo libro.
«Sì, è stato un eroe che ho incontrato più volte in Siria. Un grande professionista ma anche una persona squisita: la sua era una famiglia tradizionale delle tribù beduine del deserto, dove l'ospite è il benvenuto. È stato accusato di essere il conservatore di rovine pagane».
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