WASHINGTON. L'ottimismo di Donald Trump non conosce limiti. Così, per ricambiare l'affetto dei suoi fan repubblicani che lo vorrebbero presidente degli Stati Uniti, si è lasciato andare ancora una volta a una battuta sopra le righe. «Potrei stare in mezzo alla Quinta Strada e sparare a qualcuno, e non perderei nemmeno un elettore», ha affermato il candidato repubblicano nel corso di un evento elettorale in Iowa. La sua uscita non è sfuggita ai detrattori, che lo accusano di alimentare la violenza delle armi e di fomentare il terrorismo. Ma Trump va dritto per la sua strada, ribadendo l'intoccabilità del secondo emendamento della Costituzione americana e attaccando ancora una volta Barack Obama e il suo ricorso a decreti per imporre maggiori controlli sulla vendita di pistole e fucili. Nel frattempo, nonostante i sondaggi che lo vedono saldo in testa dopo mesi di polemiche, la sua onnipresenza sui media, la "strada" che non parla d'altro, esiste un fronte anti-Trump: è repubblicano e ha deciso di 'denunciarè il pericolo con un vero e proprio manifesto che spiega come e perchè Donald Trump stia minando il conservatorismo americano e il partito repubblicano stesso. La levata di scudi è ad opera dell'establishment del Grand Old Party e giunge con un numero speciale della rivista 'National Review', storica roccaforte dei conservatori Usa, interamente dedicato al 'pericolo Trump' con una copertina che non lascia spazio a dubbi nella grafica e nel titolo a tutta pagina: «Anti-Trump». L'obiettivo è dimostrare e convincere che la nomination di Donald Trump come candidato repubblicano per la presidenza degli Stati Uniti «provocherebbe danni irreparabili al partito», attraverso l'intervento di analisti, giornalisti, i nomi tra i più influenti dell'intelligentia conservatrice americana. Un duro editoriale e 22 interventi firmati per sottolineare, in sostanza, che «Donald Trump renderebbe vano il lavoro di generazioni in nome di un populismo disattento e grezzo come lo stesso Trump». Il dibattito non è nuovo, da tempo imperversa nel partito ma sottotraccia. La 'paurà per l'azzardo Trump percorre da settimane i corridoi di Capitol Hill, arriva anche in alcuni comitati cittadini e se ne parla di certo nelle camere elette di molti Stati dell'Unione. Non sono mancate nemmeno le critiche palesi, ma fino ad ora gli attacchi sono stati tra i candidati, legati alla 'sfida elettoralè. Quello del 'National Review' è un salto di qualità per un tema che mette in luce quanto in molti vanno dicendo da tempo a Washington: il Gop è nei guai. Litigioso, spaccato, incapace di unità. Tanto che nel sommo concentrato di politica che è la capitale americana, lobbisti come membri del congresso, fini analisti e veterani si chiedono quale sia la 'minaccia peggiorè per il partito repubblicano tra Donald Trump e il suo avversario più temibile e beniamino dei Tea Party ed elettorato evangelico Ted Cruz. A pochi giorni dall'inizio delle primarie non è un dettaglio da poco per il partito che vuole riprendersi la Casa Bianca dopo l'amministrazione Obama. Donald Trump resta impassibile e risponde nel suo stile: «La 'National Review'? Un giornale agonizzante». Del resto i sondaggi gli danno ancora ragione e, forse raccogliendo anche i primi frutti dell'entrata in scena al suo fianco di Sarah Palin, registrano un vantaggio anche rafforzato in Iowa sul senatore texano Ted Cruz. Non è escluso infatti l«effetto Palin' nello Stato che dà il via alle primarie per quell'elettorato legato al movimento antitasse dei Tea Party e che ha sempre guardato con ammirazione l'ex governatrice dell'Alaska.