Per l'Isis, come per altri gruppi jihadisti, la jihad è un dovere di tutti, sia degli uomini che delle donne. Per le giovani occidentali che decidono di aderire all' Islam, sembra essere più un abito e non pelle ma in un mondo con troppe opportunità, anche la libertà di decidere cosa essere e cosa diventare può trasformarsi in un macigno: e c' è chi sceglie di non scegliere ma di adottare, un blocco monolitico, e prestabilito, di dogmi con i quali stabilizzare il proprio sé frammentato. Potrebbero cominciare così le storie di donne che decidono di guardare il mondo da dietro la finestrella di stoffa del niqab, in modo che il mondo non possa vederle.
«Secondo una stima contenuta in un rapporto pubblicato a novembre dalla New America Foundation di New York - spiega Viviana Mazza, giornalista del Corriere della Sera e autrice de La Storia di Malala e del capitolo Spose della jihad del libro Che cos' è l'Isis, scritto da alcuni giornalisti del Corriere - su sette occidentali che partono per la Siria una è femmina, e l'età media è di 21 anni. Sembrano però superiori i numeri delle donne che vengono da Medio Oriente e Nord Africa, ma non significa necessariamente che i numeri siano in aumento. E secondo un nuovo rapporto dei servizi segreti francesi, sarebbero 220 le francesi che nel 2015 hanno sposato la causa della jihad. France Info ha calcolato che 164 donne avevano lasciato la Francia fino a settembre 2015 e che tale cifra è salita a 220 solo tre mesi dopo. Un terzo di queste donne si sarebbero convertite all' islam. Ma si parla poco del viaggio al contrario, che pure è un fenomeno importante: alcune di queste donne scappano, o cercano di scappare, dal Califfato. Molte donne siriane, tunisine e di altri paesi della regione hanno raccontato che l' utopia semplicemente si è infranta davanti alla realtà».
Le operazioni di reclutamento su cosa contano? Povertà, ignoranza, desiderio di acquistare un ruolo che non hanno nella società islamica?
«C' è chi dice che per capire l' Isis e la forza che ha in Medio Oriente bisogna anche capire la rabbia dei sunniti contro il regime di Bashar Assad e contro il governo sciita di Bagdad che ha ampliato, anziché sanare, le divisioni settarie. Nei paesi occidentali, le ragioni possono essere diverse. C' è chi, come l' economista Piketty, ha evidenzia to le ineguaglianze sociali come motivazione chiave. C' è chi, come il filosofo Paul Berman, argomenta che spiegazioni come questa date dalle scienze sociali non possono spiegare da sole la violenza. Molti si uniscono all' Isis perché rappresenta un' utopia politica: partecipare alla jihad e alla creazione di un nuovo Stato islamico. A volte contribuiscono molti altri fattori, quali il desiderio di avventura, di vendetta, di fratellanza, la ricerca di identità, il fatto di crescere in quartieri dove è "cool" farsi crescere la barba ed essere "radicali". Non è detto che la ragione sia la stessa per tutti. Un ex estremista ha spiegato che la strategia dell'Isis consiste nell' isolare persone già sole dal loro ambiente, inclusa la comunità musulmana che li circonda. Negli Stati Uniti, anche ragazze cristiane sono state contattate via Twitter, Skype ed email: coinvolte in ore di chat giorno e notte, sedotte da regali mandati per posta: testi sacri, hijab colorati, soldi e tavolette di cioccolata. All' inizio le conversazioni sembrano intense amicizie più che processi di radicalizzazione. Pian piano si viene guidati verso interpretazioni integraliste dell' Islam e allontanati dalla comunità circostante. Spesso si dà per scontato che la povertà, l' ignoranza ola ricerca di un marito siano la motivazione per le donne musulmane. Non è detto».
Rispetto ad altri gruppi jihadisti, il reclutamento dell' Isis è diverso?
«L' Isis ha puntato più che in passato sulla Rete e sui social media nella propaganda e nel reclutamento, grazie anche alla diffusione di tecnologie che lo permettono. Esaminando i diari online di una dozzina di donne partite per la Siria - che si autodefiniscono muhajirat, migranti - due studiose dell' Institute for Strategic Dialogue di Londra hanno concluso che sono tre le principali motiva zioni alla base del viaggio: 1) La sensazione che la um mah -la comunità dei musulmani - sia sotto attacco nella guerra tra islam e infedeli 2) il dovere religioso e ideologico di partecipare alla jihad; 3) la possibilità di trovare significato e senso di appartenenza in una società in cui anche loro hanno un ruolo - di madri e mogli, insegnanti e medici. Forse quest' ultimo aspetto costituisce una differenza rispetto ad altri conflitti: c' è uno stato da costruire, e questo spiegherebbe perché ci sono più migranti donne verso il Califfato che in altri conflitti come l' Afghanistan, i Balcani, la Somalia, l'Iraq».
Il ruolo della donna è sempre più importante?
«L' Isis ha creato uno stato, il cosiddetto Califfato, e per costruire uno stato servono gli uomini e le donne. Al momento le donne non combattono né organizzano attentati».
Questo sembra non significhi che il ruolo nel campo di battaglia non sia destinato a crescere...
«Un manifesto recente dell' Isis dichiara che il ruolo delle donne è di "fare ciò che possono per la jihad attraverso la cura dei figli, la cucina e il cucito". Però aggiunge che sono autorizzate a farsi esplodere o a sparare come cecchini se vengono attaccate in casa propria o in un altro luogo "dagli infedeli" oppure se ricevono esplicito ordine di un emiro, facendo però attenzione a indossare "abiti larghi". Si tratta, come accaduto anche con Al Qaeda, di situazioni in evoluzione. Le organizzazioni jihadiste tendono spesso a vedere i ruoli degli uomini e delle donne in modo "conservatore", ovvero il posto delle donne è la casa non il campo di battaglia. L'organizzazione madre dell'Isis, "Al Qaeda in Iraq", ha usato le donne kamikaze. L' Isis ancorano, anche se potrebbero esserci stati dei casi isolati in Iraq, non confermati. Per quanto riguarda la missione di Tshfeen Malik, la donna della strage di San Bernardino, sembra che sia stata ispirata dall' Isis più che inquadrata nell' organizzazione, ma è chiaro che ci sono donne - specialmente le più giovani e quelle cresciute in paesi occidentali - che vogliono un ruolo anche militare più attivo di quello richiesto loro dal Califfato. C' è chi dice che a Raqqa, la capitale del Califfato, ci sia una brigata di donne kamikaze pronte a farsi esplodere se la città venisse presa dai nemici; c' è anche chi crede che se l' Isis perde territorio oppure si avvicina ai centri abitati di Damasco o Bagdad potrebbe decidere di puntare sulle donne kamikaze come ha fatto Boko Haram. Di certo, sui social media ci sono ragazze occidentali unite sial gruppo che esprimono il desiderio di "martirio". Se dovessero essere autorizzate a partecipare a missioni sul campo, comunque, è importante che indossino abiti larghi e siano velate e coperte. L' Isis è ossessionato dalla separazione dei sessi: le donne possono girare per strada solo in compagnia di un accompagnatore maschio che sia loro parente, e coperte con veli tripli e persino con i guanti».
Alle ragazze cosa viene chiesto?
«Un manifesto intitolato "Le donne nello Stato islamico", diffuso in arabo dalla brigata femminile Al-Khansaa dell' Isis, sottolinea che la finalità della loro esistenza è "il dovere divino della maternità". Si propone anche un curriculum di istruzione femminile che va dai sette ai quindici anni, perché "se analfabete e ignoranti" -spiega il testo - le donne non possono portare a termine i propri compiti. Poi a quindici -sedici anni ci sono le nozze, anche se è legittimo anche a nove. Solo in pochi casi è permesso lasciare la propria casa: se si studia teologia, se è un' insegnante o un medico e, infine, se una fatwa ha decretato che debba combattere perché la situazione della ummah è diventata disperata».
Il loro ruolo è centrale soprattutto nella propaganda? Come utilizzano i social media?
«Le reclutatrici - e in generale le donne dell' Isis attive online - raccontano sui social media la vita di tutti i giorni nel Califfato, tra scene di normalità- crêpes alla Nutella, caffè con le amiche, tramonti- e di sangue: elogiano le decapitazioni di ostaggi occidentali e giustificano, nel nome della sharia, le lapidazioni delle adultere e la schiavitù della minoranza yazida. Promettono a chi arriva una casa gratis e un "bottino di guerra", cioè beni che appartenevano agli "infedeli", inclusi frigoriferi, forni, microonde, frullatori per frappè, aspirapolveri, ventilatori.
Romanticizzano la "sorellanza" e persino le nozze forzate. Mostrando la loro vita quotidiana danno l' idea che sia facile vivere nei territori dell' Isis e diventano modelli per altre ragazze».
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