Mercoledì 18 Dicembre 2024

A Bruxelles il covo di Salah, qui si preparava per la strage di Parigi

BRUXELLES. Il covo dei jihadisti autori della strage di venerdì 13 novembre a Parigi era in Rue Henri Bergè, tranquilla strada nella zona borghese di Schaerbeek, quartiere a maggioranza araba nella zona nord di Bruxelles. È lì che sono stati preparati gli esplosivi e messi a punto gli ultimi dettagli dell'attacco in cui vennero uccise 130 persone. Ed è lì, al terzo piano di una casa in tipico stile fiammingo, che Salah Abdeslam, l'unico sopravvissuto degli attentatori è tornato dopo la mattanza. A provarlo, la presenza di una sua impronta digitale, assieme a tracce di Tatp (perossido di acetone, l'esplosivo utilizzato nell'attacco) e a tre giubbotti di tela cuciti a mano per essere usati come cinture esplosive. E che sono state armate con i detonatori utilizzando una camera di un albergo a Alfortville nei pressi di Parigi. Quando è stato rintracciato il covo, Salah era già sparito ed è tuttora in fuga. La polizia belga ha scoperto la base il 9 dicembre scorso, ma i dettagli sono stati rivelati solo oggi dal procuratore federale del Belgio, Eric Van der Sypt, specificando di aver voluto dare la notizia per correggere le notizie «imprecise» uscite nelle ultime settimane. Van der Sypt ha anche lanciato l'allarme per un possibile attentato il prossimo 15 gennaio, nel primo anniversario del blitz dell'antiterrorismo a Verviers, la località vicino alla triplice frontiera con Olanda e Germania, in cui una settimana dopo l'attacco a Charlie Hebdo venne smantellata una cellula con due jihadisti uccisi e un terzo arrestato. Il coordinamento dell'antiterrorismo belga (Ocam) ha però mantenuto l'allerta per tutto il paese a livello 3 (su 4), valutando la minaccia «possibile e verosimile», ma non «imminente» come avvenne invece alle prime ore del 21 novembre quando venne decretato il massimo livello di allarme nella capitale belga, imponendo di fatto quattro giorni di coprifuoco con metropolitana, centri commerciali, cinema, scuole e uffici chiusi. La scoperta del covo - affittato da un uomo che ha usato un documento falso e che deve essere ancora identificato - è l'ennesima conferma dello stretto legame tra il Belgio ed il terrorismo jihadista. Ma non fornisce chiarimenti definitivi sul ruolo di Salah Abdeslam negli attacchi. Ha avuto paura e all'ultimo momento non si è fatto esplodere cercando di mettersi in salvo tornando nella sua comunità di origine o aveva un importante ruolo logistico e non doveva sacrificarsi come kamikaze? Ormai è accertato che Salah dopo gli attentati chiamò i suoi amici di Molenbeek. Hamza Attou e Mohammed Amri lo andarono a prendere a Parigi alle prime ore del 14 novembre. I tre riuscirono a passare indenni tre controlli di polizia prima di arrivare a Laeken, il quartiere della residenza reale belga, lasciandolo nei pressi dello stadio Re Baldovino, l'ex Heysel. Da lì, un altro amico e frequentatore del bar dei fratelli Abdeslam, il saldatore Ali Oulkadi, il giorno dopo portò Salah all'appartamento di Schaerbeek. I tre complici, arrestati, hanno raccontato di aver dato una mano ad un amico in difficoltà. Ma per gli inquirenti è certo che Oulkadi sapesse già che avrebbe dovuto rispondere dell'aiuto a Salah. Intanto fa scalpore la liberazione di un predicatore radicale, legato alla Grande moschea di Bruxelles, che era stato arrestato con l'accusa di essere un reclutatore dell'Isis sulla base di testimonianze e intercettazioni telefoniche. L'uomo, il quarantenne Tahar Z., non è stato discolpato, ma è riuscito ad uscire di prigione grazie all'abilità del duo difensore, specializzato in casi di accuse di terrorismo. Legale che ha esultato: «È una notizia che farà la gioia di chi ama la democrazia».

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