ROMA. Due abissi di paura, Roma e Milano - con i loro obiettivi sensibili come Giubileo, Vaticano, Duomo - che registrano autentici crolli di scontrini e biglietti ai tavolini dei ristoranti e nelle sale cinematografiche. Vortici di cancellazioni di viaggi per Parigi, il 40%, nelle prime settimane successive agli attacchi del 13 novembre nella capitale francese. E, mentre scattano le manette a Bruxelles per due presunti attentatori arrestati fra domenica e lunedì perché sospettati di volere fare strage nella capitale belga nella notte di San Silvestro, altri conti ormai sul tavolo: cancellazioni di viaggi e voli per mete diverse da Parigi, soprattutto altre capitali europee. Lo rivela un sondaggio condotto da Swg per Confesercenti, divulgato anche dalla Fiavet, l'associazione degli albergatori: cancellazioni tout court a quota 6%, mentre il 7% ha cambiato la destinazione e quasi il 20% si è dichiarato «indeciso». Attorno, l'onda lunga della paura, che tocca consumi e costumi delle festività in tutta Italia, che per Raffaella Calandra – autrice di reportage sul tema da inviata di Radio 24, per la quale firma e conduce la trasmissione «Storiacce» - «segnerà certo cambi di abitudini per certi aspetti epocali, ma che alla fine non vedrà il trionfo del terrore». Un'ondata che, fatta da qui a un paio di mesi la conta finale dei danni, si spegnerà, secondo la giornalista, nella battigia di «un fatalismo che sembra prevalere negli animi di tutti. La gente, insomma, è consapevole che la strage può avvenire ovunque e in qualsiasi momento. E i più non intendono certo tapparsi in casa». A propositi di effetti nefasti sui consumi, il Codacons, nel commentare la perdita di fiducia dei consumatori italiani a novembre, che sfiora il punto percentuale, attribuisce ai fatti di Parigi parte della «colpa». Umori del mercato e polso dei timori degli italiani per possibili attentati: febbre passeggera o tsunami? «Gli effetti, peraltro avvertiti per ovvi motivi di vicinanza ai fatti di Parigi proprio a ridosso e durante le festività natalizie, ci sono e sono sostanziosi. Ma gli operatori non intravedono nulla di drammatico. Io parlerei di crollo, mi auguro e credo temporaneo, soltanto limitatamente a ristoranti e cinema e nelle sole città di Roma e Milano. Nelle due principali metropoli, è stato registrato un calo, comunque inferiore alla media del resto d'Europa, sia nelle sale, intorno al 20% secondo la Siae, che ai tavolini. I conti saranno comunque ufficiali dopo le feste. Nel centro di Roma, a piazza Barberini, i gestori hanno sofferto perdite, nelle ore di maggior afflusso, da 40-50 avventori fino anche a 4-5 clienti. Effetto delle camionette dell'esercito, dei controlli. Del clima di allerta generale». Per quanto riguarda voli e viaggi, quali perdite e quali tendenze? «Ammettiamolo e mettiamocelo in testa: siamo a una svolta epocale, è il tempo del Califfato e il mondo, come confermano gli operatori, si è... ristretto. Più che sulle cancellazioni da panico temporaneo, mi concentrerei sui cambi di destinazione, fenomeno che paradossalmente potrebbe favorire i nostri luoghi di arte e natura. Ne è prova l'exploit del turismo in Sicilia quest'anno, alternativa concreta a viaggi già programmati in Medio Oriente, Nordafrica oppure nella stessa Europa continentale. Ma una cosa è certa: non sarà crisi nera. Lo stesso dirigente del Censis Massimo Valerii, nel commentare i primi dati sui cambi nel costume degli italiani, ha ricordato come negli Usa, e per soli tre mesi dopo l'11 settembre, la perdita del Pil americano era stata dello 0,1%. Non una bazzecola, ma oggi ci troviamo in circostanze molto differenti: allora vennero coinvolti direttamente velivoli, con il naturale effetto emotivo che ne conseguì, e gli stessi operatori statunitensi dissero che i telefoni rimasero letteralmente muti. Oggi i telefoni squillano, magari un po' meno in queste settimane, ma comunque a ragion veduta. Il Censis tirerà le somme degli effetti sul nostro Pil fra gennaio e febbraio». Emozioni giustificate, nelle sfere personali e familiari. Anche possibili da gestire? «In sostanza, ritengo di sì. In trasmissione ho ricevuto testimonianze eloquenti: romani che dichiaravano di evitare il transito dalla stazione Termini, persino qualcuno che confessava di passarvi a tutto gas. Ancora, chi evitava di prendere la metro preferendo l'auto, ma non per molto, complice la mancanza di alternative. La verità è che se i londinesi si mettono silenziosamente in fila per essere evacuati dalla metro in caso di allarme, dopo averli subiti davvero, gli attacchi terroristici, per noi italiani si tratta di una situazione nuova. Dobbiamo imparare a conviverci anche noi. E lo faremo». Altre sponde, quelle siciliane, altre paure: esiste davvero, fra i cittadini, il timore che fra i migranti si annidino terroristi e fiancheggiatori? «Assodato che il rischio è marginale – e lo confermano tanto il Viminale quanto servizi di intelligence, peraltro fra i migliori del pianeta, ed esperti – fra le popolazioni della Sicilia e dell'Italia meridionale che convivono con questo fenomeno, non ho mai intravisto traccia autentica di diffidenza. Diversa la situazione ai confini bulgari: lì la gente è consapevole di vivere nei paraggi di quella che è stata, e probabilmente è ancora, una autostrada della jihad, con viavai di foreign fighters da e per i campi di battaglia siriani. Lì sì, chiusura, diffidenza e paure».