PARIGI. È l'ultima chiamata per salvare il Pianeta e consentire un futuro alle nuove generazioni: la Conferenza Onu sul clima di Parigi «non può fallire», è imperativo trovare un accordo per evitare la catastrofe ambientale ed è possibile farlo «qui e ora». È unanime il senso di urgenza nelle parole dei leader mondiali, da Obama a Hollande, da Putin a Renzi, tra l'ombra del terrorismo nel 'bunker' blindato del Bourget e il silenzio assordante osservato per le vittime degli attentati. Come, però, è una partita aperta che i negoziatori dei 195 stati partecipanti alla Cop21 dovranno giocare sino all'ultimo: Ban Ki-moon, a nome dell'Onu, ha chiesto di limitare l'aumento della temperatura a «meno di 2 gradi», con un accordo «vincolante».
La strada per arrivarci, però, è tutta in salita. «Possiamo cambiare il futuro qui e adesso», ha esortato il presidente Usa Barack Obama, «siamo l'ultima generazione che può fare qualcosa». Ma al di là di ribadire l'impegno degli Stati Uniti a ridurre del 26-28% le emissioni nei prossimi dieci anni rispetto ai livelli del 2005 e ad un aumento dei finanziamenti ai Paesi più vulnerabili (248 mln di dollari insieme ad altri 10 Stati, tra cui l'Italia), ha volutamente glissato su cifre, tempi e obbligatorietà che dovranno essere contenute nell'accordo. Anche il presidente cinese Xi Jinping, che ha insistito sui 100 miliardi annuali a sostegno dei Paesi in via di sviluppo, non ha voluto prendere una posizione chiara e ha parlato della Cop21 come «punto di partenza». Arrivare a un'intesa è «essenziale», ha avvertito il presidente francese Francois Hollande, che ha ricevuto il sostegno di tutti i 150 leader presenti per il «coraggio» dimostrato nel confermare la Cop21 nonostante gli attacchi terroristici. Lotta a terrorismo e cambiamento climatico insieme «sono due grandi sfide che dobbiamo affrontare», ha sottolineato infatti Hollande, perchè «ai nostri figli dobbiamo lasciare di più che un mondo libero dal terrore, un pianeta preservato dalle catastrofi e sostenibile».
Un accordo «giuridicamente vincolante» per limitare a «2 gradi» l'aumento della temperatura è stato invece esplicitamente chiesto dal presidente russo Vladimir Putin - arrivato clamorosamente in ritardo all'avvio dei lavori perdendo anche la foto di gruppo - dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal premier britannico David Cameron. Se l'Europa è relativamente unita su questo fronte, con impegni già assunti per il taglio delle emissioni del 40% entro il 2030, quello che è in gioco a livello globale, ha ricordato il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, è un'assunzione di «responsabilità politica». Per questo, ha martellato anche il premier Matteo Renzi ricordando i risultati concreti già raggiunti dall'Italia sul fronte della lotta al cambiamento climatico, serve un accordo «il più vincolante possibile, altrimenti resterebbe scritto sulla sabbia». E questo, ha sottolineato Cameron, è «difficile ma fattibile». Parigi, infatti, a differenza di Copenhagen sei anni fa, non può permettersi di fallire. «Abbiamo un obbligo di successo», ha avvertito il presidente della Cop e ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, «la posta in gioco è troppo importante per potersi accontentare di un accordo al ribasso».
Perchè la Terra, ha ricordato il principe Carlo d'Inghilterra, «potrà sopravvivere all'aumento dei mari e delle temperature, ma non l'Uomo», e ora al Bourget mai «il destino non solo di chi è in vita oggi ma delle generazioni che non sono ancora nate è stato nelle mani di così pochi». Nel coro steccano però le parole del premier indiano Narendra Modi che, pur riconoscendo la necessità di affrontare le conseguenze del global warming, ha avvertito: «Il cambiamento climatico non l'abbiamo prodotto noi. E i Paesi poveri hanno il diritto di continuare a usare il carbone se questo serve a far crescere le loro economie». «Sarebbe eticamente sbagliato - ha aggiunto - scaricare il peso di ridurre le emissioni sui paesi in via di sviluppo come l'India». All'11 dicembre, giorno di chiusura dei lavori, il verdetto finale.
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