TUNISI. «Non ci fermeremo fino a quando la Sharia di Allah non sarà applicata in Tunisia». Con questa nuova minaccia l'Isis ha rivendicato l'attentato contro l'autobus di guardie presidenziali, ieri nel centro di Tunisi, che ha provocato almeno 13 morti e 20 feriti, dichiarando guerra agli «apostati». I jihadisti hanno diffuso anche il nome e la foto del kamikaze, Abou Abdallah el Tunessi, che ha utilizzato 10 chili di esplosivo. Il giorno dopo l'attacco, la capitale tunisina si è svegliata praticamente blindata, dopo lo stato d'emergenza ed il coprifuoco proclamati in serata dal presidente Essebsi. Un massiccio spiegamento di militari è stato disposto intorno agli obiettivi sensibili ed il livello di sicurezza è stato portato a due, con l'invito ai cittadini alla massima collaborazione. Nel frattempo, sono emersi alcuni dettagli sulla dinamica dell'attentato. Un uomo con gli auricolari è salito sull'autobus delle guardie presidenziali. E dopo essere stato fermato dagli agenti, si è fatto esplodere azionando una cintura esplosiva contenente Semtex, di tipica provenienza libica. Subito si è pensato all'Isis, già responsabile delle stragi al Museo del Bardo e al resort turistico di Sousse. La rivendicazione è effettivamente arrivata, con un avvertimento: «Il tiranno della Tunisia sappia che non saranno al sicuro e che non ci fermeremo fino a quando la Sharia di Allah non sarà applicata in Tunisia», recita un messaggio su Twitter, che omaggia il kamikaze, un giovane tunisino, a volto coperto e con una cintura esplosiva, «riuscito ad infiltrarsi in un bus facendo esplodere la sua cintura esplosiva per uccidere almeno 20 apostati». Una cifra che, al momento, non corrisponde a quella ufficiale dei 13 morti, compreso il kamikaze, non ancora identificato. Il ministro degli Esteri Taieb Baccouche ha confermato che gli uomini dell'Isis «sono già presenti nel paese attraverso cellule dormienti capaci del peggio». Essebsi, nel suo primo intervento alla tv subito dopo la strage, ha parlato di «guerra del terrorismo di dimensioni internazionali». Unanime il sostegno alla Tunisia, dalla Lega Araba alla Casa Bianca. «A Tunisi e a Parigi è la stessa lotta per la democrazia», ha sottolineato il presidente francese Francois Hollande, che dopo gli attentati del 13 novembre ha intensificato i raid contro l'Isis in Siria. Pieno sostegno è arrivato anche dal presidente italiano Sergio Mattarella. Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha esortato tutti gli stati membri a collaborare con Tunisi, assicurando comunque che «nessun attacco terroristico è in grado di invertire il percorso della Tunisia verso la democrazia e il suo impegno verso la ripresa economica e lo sviluppo». Intanto la Tunisia ha annunciato che chiuderà le proprie frontiere con la Libia per un periodo di 15 giorni a partire dalla mezzanotte di oggi. È una delle misure straordinarie varate dopo l'attentato terroristico di ieri. Altre decisioni riguardano le chiusura delle pagine sui vari social network dei sospettati di simpatie estremiste, il rafforzamento delle misure di sicurezza per le persone rientrate dalle zone di combattimento di Siria, Libia ed Iraq, la regolarizzazione della situazione legale degli stranieri residenti nel Paese e il potenziamento dei controllo alle frontiere terrestri e marittime. Annunciato anche il reclutamento di 3000 poliziotti e 3000 soldati nel 2016.