ROMA. Un milione e 400 mila bambini sono costretti a fuggire dalla Nigeria in guerra. La metà di loro ha meno di cinque anni. Molti non riescono a scappare con i familiari e, quindi, diventano troppo facilmente oggetto di sfruttamento. Vengono usati come bombe umane o fatti schiavi per i lavori più faticosi. Oppure vengono trasformati in bambini -soldato, magari dopo essere stati obbligati a uccidere i propri genitori». Paolo Rozera, direttore generale di Unicef Italia, chiede che almeno qualche riflettore si accenda su un conflitto dimenticato: quello che devasta il più popoloso Stato dell'Africa, dove Boko Haram - i terroristi «figliocci» dell' Isis - moltiplica attentati e attacchi, senza risparmiare nessuno. Musulmani, cristiani o animisti, poco importa.
L' uso di bambine -kamikaze sembra ormai una sorta di marchio di fabbrica, di «griffe», per Boko Haram. Perché vale così poco la vita di una minore in quel Paese, come in molti altri?
«Nessuno chiede dove nascere. Purtroppo, chi nasce in Nigeria è un bambino molto sfortunato. Il loro problema sono gli adulti, che sono in guerra o inseguono interessi economici e, quindi, vedono i più piccoli solo come oggetto dei propri interessi. Dove vi sono conflitti, la vita dei minori vale sempre dimeno».
Questi crimini di guerra non sono una «invenzione» del gruppo jihadista, ma un male antico e oscuro di molte comunità: dall' Afghanistan alla Cecenia. Impossibile debellarlo?
«L' uso delle bambine -kamikaze non è certo un' esclusiva di Boko Haram. E neppure una prerogativa di alcuni fanatismi religiosi, perché in Bosnia ricorderete che i bambini venivano utilizzati come portatori di mine in quanto erano considerati un bersaglio più difficile da colpire per i cecchini. Tutto questo, però, si può fermare purché qualcuno abbia voglia di interessarsi di questi problemi. Spesso, invece, su televisioni e giornali non si parla della bambina usata per la strage ma ci si limita a riferire della fazione che l' ha mandata e di quante sono state le vittime. Ma la vera tragedia nella tragedia è proprio quella della ragazza obbligata a farsi saltare in aria!».
Ragazzine rapite o «comprate» per farne ordigni di carne o schiave sessuali. Quante sono quelle salvate dall' Unicef?
«Noi siamo molto attivi ovunque, ad esempio in Sud Sudan più che in Nigeria dove i fanatici sono troppo... fanatici perché si possa ottenere qualcosa.
L' Unicef, comunque, parla con tutti. Perché il nostro unico obiettivo è la salvezza del bambino. Quando in una settimana riusciamo a liberare dieci o quindici ragazzini, festeggiamo. Stiamo lavorando, innanzitutto per far capire a tutte le fazioni che i più giovani non vanno toccati poiché da loro dipende il futuro di una nazione. Chiediamo che vengano liberati e possano tornare a scuola, alla normalità. Anche se è facile capire quanto è difficile a 5, 10 o 15 anni tornare alla normalità, dopo avere visto e vissuto tanti orrori».
In Nigeria, non è facile neppure essere bambini. Pochi mesi fa, 28 «carusi» sono morti per avvelenamento da piombo in una miniera illegale di oro. Nel 2010, in circostanze analoghe, furono 400. Per quanto ancora dovranno ripetersi nell' indifferenza queste tragedie?
«Vorrei poterle dare una data... Il numero dei lavoratori -minori nel mondo è diminuito negli anni, ma resta spaventosamente enorme. Dobbiamo tornare un po' indietro per avere cifre ufficiali: dal 2004 al 2008, sono passati da 222 milioni a 215. E' una buona cifra, considerato che i bambini poveri sono in aumento. Ma non basta. C' è veramente bisogno dell' aiuto di tutti. Calcoliamo, peraltro, che almeno 115 milioni di quei 215 hanno da 5 a 17 anni e sono esposti alle peggiori forme di lavoro minorile. Tra questi, certamente i ragazzini spediti nelle miniere illegali».
Boko Haram s' è affiliato all' Isis, che sempre più spesso esibisce minori -soldato nei proprio video di propaganda. Sempre più numerosi nel mondo «gli eserciti dei ragazzini»?
«Aumentano in maniera proporzionale laddove vi sono guerre civili, come in Nigeria. Ciò avviene perché un ragazzo è sempre più facilmente condiziona bile, anche a causa della sua mancanza di senso del pericolo. Faccio un esempio: in Sicilia sapete bene quanto sia difficile spiegare ai giovanissimi che va indossato il casco sul motorino. Proprio per la loro età, non hanno appunto senso del pericolo, appunto. Pensate, allora, a quanto un soldato così possa essere utile a chi non si fa scrupoli».
Per i fondamentalisti islamici, è primario il controllo dell' istruzione. Intere generazioni, sottoposte a lavaggio del cervello, possono diventare un' arma di distruzione di massa?
«No. E' vero, però, che l' istruzione è determinante. Se i fondamentalisti fanno indottrinamento, noi non possiamo solo per questo arretrare di un millimetro. Qui si gioca la vera partita, perché un ragazzo istruito rifugge più facilmente dai fanatismi. Mantenere alto il fronte in questa guerra culturale costituita. In Sicilia sono arrivati sui barconi della disperazione tantissimi minori non accompagnati, in migliaia sono spariti dopo l'approdo.
Qualcuno si chiede che fine abbiano fatto?
«I numeri ufficiali dicono che i minori non accompagnati registrati in Italia sono 9 mila 600, ma oltre questi ve ne sono quasi 6 mila che sono spariti. Si sa che molti eritrei scompaiono per raggiungere le loro comunità, in Italia settentrionale o nel nord Europa. Molti altri, però, vanno ad alimentare le fila della microcriminalità, tantissimi sono vittime del fenomeno della prostituzione infantile. Proprio per questo, l' Unicef ha in programma il 26 a Roma un convegno dal titolo particolarmente significativo: «Accoglienza, misericordia e bambini in pericolo nell'anno del Giubileo».
Servirà?
«Rispettiamo l' attività svolta da tutti, organizzazioni non governative e Governo italiano, ma vogliamo alzare il volume su minori non accompagnati e soprattutto sul dramma di quelli scomparsi. La gran parte è costituita dai migranti più sfortunati, i cosiddetti migranti economici. Spesso sono di colore, non hanno pelle bianca e occhi azzurri come i siriani, e questo ne rende più difficile l'accoglienza. Non possiamo, però, fare demagogia su questo. Siamo di fronte a minori che non hanno scelto di vivere in Nigeria o in Iraq: se arrivano, dobbiamo accoglierli. Altra cosa è la soluzione globale dei conflitti. Sempre il 26, quindi, lanceremo una nostra campagna sui minori scomparsi».
Bambine e bambini profughi in Italia, in Europa. Possibile curare le loro «ferite dell' anima» e integrarli davvero?
«Assolutamente, si. Lo vorrei urlare. Falso dire che non si può fare. Ne abbiamo bisogno, d'altronde. Le nostre industrie del Nord sono piene di lavoratori stranieri, mentre uno studio recente rivela che nel 2020 in Europa ne serviranno 250 milioni per mantenere il suo attuale livello di vita. Non scopriamo certo noi che l' Italia, come tanti altri Paesi del nostro continente, sia a crescita zero. La voglia di imparare e integrarsi, peraltro, c' è. Ho avuto modo di verificarlo di persona, visitando con il nostro presidente Giacomo Guerrera alcuni centri di formazione per immigrati a Palermo. E il 22 saremo a Siracusa».
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