MADRID. Urne aperte in Catalogna, dove 5,5 milioni di elettori sono chiamati al voto per le elezioni regionali, trasformate dal presidente uscente il secessionista Artur Mas in un plebiscito sull'indipendenza. Gli ultimi sondaggi danno gli indipendentisti favoriti. Ma sul risultato finale influirà secondo diversi analisti il livello di partecipazione. Se alto, sopra il 72%, potrebbe giocare in favore dei partiti 'unionisti'. Mas ha annunciato che se vincerà avvierà una 'disconnessione' dalla Spagna con l'obiettivo di arrivare in 18 mesi all'indipendenza, nonostante la durissima opposizione del premier spagnolo Mariano Rajoy, che ha dichiarato illegale e anticostituzionale ogni spinta verso la secessione.
La Spagna guarda con angoscia al voto dei 5,5 milioni di elettori catalani chiamati alle urne per eleggere il nuovo parlamento regionale ma soprattutto per decidere se appoggiare il progetto secessionista del presidente uscente Artur Mas. È, avverte El Mundo oggi a tutta prima pagina, «il voto più importante della democrazia» spagnola, ossia dalla fine della dittatura franchista.
«In gioco - avverte il grande quotidiano di Madrid - non c'è la classica alternanza di potere ma il futuro di questa comunità e del resto della Spagna, sotto la minaccia dell'indipendentismo guidato da Mas». Il presidente secessionista catalano ha trasformato le regionali in un plebiscito sull'indipendenza dopo che Madrid ha impedito la tenuta di un referendum, e promesso di andare alla secessione entro 18 mesi se vincerà, malgrado la durissima opposizione del premier spagnolo Mariano Rajoy. Gli ultimi sondaggi danno gli indipendentisti favoriti. La lista 'Junts Pel Sì di Mas (con circa 65 seggi su 135) e quella alleata dei radicali della 'Cup' (8-10) avrebbero insieme la maggioranza assoluta nel nuovo parlamento catalano e sfiorerebbero il 50% (fra il 47% e il 49,9%) in voti. Mas è determinato a procedere verso la secessione se avrà i seggi necessari contro Madrid che minaccia di destituirlo. Ma la credibilità del progetto indipendentista sarà più debole se non avrà l'appoggio della maggioranza assoluta degli elettori. La seconda formazione catalana domani sera dovrebbe essere, se i sondaggi si riveleranno affidabili, il partito anti-sistema moderato 'spagnolistà Ciudadanos di Albert Rivera, con circa 20 deputati, davanti a socialisti, popolari e lista di Podemos, tutti anti-indipendenza, con fra 12 e 15 seggi. Ma i risultati potrebbero rivelarsi diversi dal previsto se ci sarà un'alta partecipazione, sopra il 70%, che secondo diversi analisti andrebbe a svantaggio della secessione. Significherebbe una maggiore mobilitazione degli incerti, per lo più ex elettori socialisti e popolari, tendenzialmente 'unionistì. I dati del voto per corrispondenza, +56% rispetto alle ultime regionali, vanno in questo senso. Rajoy e le istituzioni di Madrid negli ultimi giorni hanno moltiplicato i messaggi apocalittici (con l'indipendenza via da Ue ed euro, banche in fuga, pensioni e mutua a rischio) in quella che Mas ha definito una «strategia della paura» per spingere gli indecisi al voto anti-indipendenza. Se vincerà Mas, ha detto all'ANSA il leader di Junts Pel Si, Raul Romeva, «non dichiareremo l'indipendenza lunedì ma sarà l'inizio di una transizione che ci porterà a elezioni costituenti». Il paesaggio politico spagnolo si farà allora tempestoso almeno fino alle politiche di dicembre, che Rajoy potrebbe perdere cedendo il potere a una coalizione fra socialisti e Podemos. Questo potrebbe agevolare l'avvio di una trattativa con Mas, come auspica il presidente catalano, dopo mesi di muro contro muro fra Madrid e Barcellona.
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