BANGKOK. Una bomba all'ora di punta, all'esterno di un popolare santuario, ha causato almeno 19 morti e 117 feriti questa sera nel cuore del quartiere commerciale di Bangkok: una strage che ha scioccato la capitale thailandese. Macabre scene di corpi martoriati si sono presentate ai soccorritori, in una Thailandia che per quanto sia abituata alle divisioni politiche da un decennio, non aveva mai visto un attacco simile.
L'ordigno - secondo la polizia contenente almeno tre chili di tritolo - è esploso alle 18:55 locali in un angolo dell'incrocio Ratchaprasong, uno dei principali nel centro. Una telecamera dal lato opposto ha ripreso il momento dell'impatto, tra l'ingresso dell'Erawan e un semaforo: la deflagrazione ha dato alle fiamme alcuni motorini e taxi di passaggio. Ma soprattutto, ha travolto le decine di visitatori del santuario Erawan, ogni giorno meta di migliaia di thailandesi e di turisti, in particolare cinesi.
Tredici persone sono morte sul colpo, altre sei in ospedale. Si teme che il bilancio peggiori ancora, data la gravità delle ferite: anche dopo la rimozione dei corpi, nell'area una quantità di resti umani era sparsa in un raggio di 15 metri. Tra le vittime anche molti stranieri, con due cinesi confermati tra i morti. «L'onda d'urto non mi ha centrato per poco. Ho visto gente piangere e persone sbudellate, scene davvero orrende», ha raccontato all'ANSA un italiano residente a Bangkok, da quasi sette anni, scampato per miracolo alla bomba. «Le persone sono scappate nel panico, mentre altri cercavano di rianimare inutilmente una persona gravemente ferita, era come se gli fosse passato sopra un gigante. Per il timore di un'altra bomba, sono presto fuggito anch'io», ha aggiunto Marco, negli occhi le immagini dell'orrore appena visto. L'attentato non è stato rivendicato, e considerati i precedenti in Thailandia è probabile che tale rimarrà.
Diversi esponenti del governo militare hanno rilasciato dichiarazioni contrastanti, alternando accuse indirette al campo del dissenso e valutazioni prudenti. Ma il vicepremier e ministro della difesa Prawit Wongsuwan, ha parlato di attacco «voluto per distruggere l'economia e il turismo». «Chiunque abbia piazzato questa bomba è crudele e intendeva uccidere», ha tagliato corto il capo nazionale della polizia Somyot Poompummuang. «Mettere una bomba in quel punto significa volere vedere un sacco di persone morte». In una Thailandia dove la struttura di potere è tradizionalmente opaca, le speculazioni sulle possibili responsabilità sono già ovunque, specie ora che il Paese è spaccato in due campi politici. Non solo pro o contro il golpe: dato che i militari stanno alimentando incessantemente la propaganda monarchica, ogni espressione di dissenso viene subito considerata un tradimento della patria.
Chi appoggia la giunta attribuisce istintivamente l'attacco ai fedeli all'ex premier Thaksin Shinawatra, la cui sorella Yingluck è stata deposta dal golpe dello scorso anno; da quel campo, in serata sono già arrivate categoriche smentite individuali di ex alti esponenti delle «camicie rosse», che nel 2010 occuparono per due mesi proprio l'incrocio Ratchaprasong e furono cacciate con una repressione militare costata 91 morti. Chi è contro il golpe tende a considerare qualsiasi episodio poco chiaro come un lavoro sporco del regime per legittimarsi come difensore della patria. C'è anche l'ipotesi della guerriglia separatista islamica nel sud, che dal 2004 ha causato oltre 6 mila morti; ma finora non si era mai spinta al di fuori di quelle remote province. E il fatto che di recente la Thailandia avesse rimpatriato in Cina oltre 100 uiguri, la minoranza musulmana discriminata da Pechino, è un'altra pista considerata dato che l'Erawan viene visitato da masse di turisti cinesi. I cui arrivi in Thailandia si sono impennati negli ultimi anni, e potrebbero ora subire un brusco calo per timori sulla sicurezza.
L'attacco giunge infatti in un periodo delicatissimo. Con il venerato re Bhumibol (87 anni) sempre più debole e una successione delicata all'orizzonte, la giunta sta lanciando crescenti segnali di voler restare al potere a lungo, rinviando con continui espedienti la transizione verso la democrazia e reprimendo il dissenso. Proprio ieri, a Bangkok era una giornata di festa: decine di migliaia di fedeli alla monarchia hanno partecipato a una pedalata di beneficenza in onore dell'anziana e malata regina. Ventiquattro ore dopo, quelle celebrazioni hanno lasciato spazio all'orrore.
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