ROMA. La furia omicida dell'Isis a Sirte si è abbattuta su 22 innocenti pazienti, trucidati dai jihadisti nel sobborgo numero 3, che guida la rivolta della città contro i seguaci del 'Califfo' Abu Bakr al Baghdadi. Sui residenti e le milizie salafite in guerra con l'Isis pende la minaccia «dell'uso del gas» se non abbandoneranno le armi.
Una minaccia sinistra che arriva nelle stesse ore in cui il Pentagono e l'intelligence tedesca denunciano il possibile uso dell'iprite contro i Peshmerga in Iraq. Il premier libico Abdullah Al-Thinni accusa la comunità internazionale di ignorare le violenze e le uccisioni perpetrate dall'Isis a Sirte e di tradire la Libia.
In una dichiarazione pubblicata sulla pagina facebook del governo di Tobruk, il primo ministro accusa lo Stato islamico di «genocidio», appellandosi alla comunità internazionale affinchè aiuti la Libia a sbarazzarsi dei terroristi, criticando ancora una volta l'embargo imposto dal consiglio di Sicurezza dell'Onu sull'ingresso delle armi in Libia. Il riferimento è al massacro avvenuto negli ultimi giorni a Sirte, ormai, secondo le fonti locali, interamente sotto controllo dell'Isis. Fonti locali, riportate dal Libya Herald, parlano di oltre 100 morti, uccisioni di civili, devastazioni, processi sommari, violenze ingiustificate nei confronti dei residenti. Anche l'ambasciatore libico presso le Nazioni Unite Ibrahim Dabbashi ha chiesto al Consiglio di Sicurezza di reagire contro i «crimini senza precedenti» commessi dall'Isis a Sirte. Nella serata di ieri l'aviazione libica avrebbe bombardato postazioni dello stato islamico a Sirte.
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