CITTÀ DEL MESSICO. La polizia messicana ha arrestato un uomo, di cui non è stata svelata l'identità ma con precedenti penali, che è ritenuto il capo del commando della morte che ha assassinio un fotoreporter - legato e torturato prima di essere ucciso - e quattro donne, prima violentate, trovati morti in un appartamento della capitale alcuni giorni fa.
Non è chiaro se il movente dell'omicidio sia direttamente da collegare al narcotraffico, ma appare piuttosto di natura politica. Inoltre a Città del Messico Ruben Espinosa, 31 anni, il fotografo ucciso che lavorava per il periodico investigativo Proceso, aveva lasciato lo stato di Veracruz confidando di temere di essere ucciso, ma non si occupava di criminalità
organizzata. Aveva invece fatto dei servizio sulla repressione poliziesca di manifestazioni politiche studentesche. Il 5 giugno aveva fotografato uomini mascherati di mazze e machete mentre attaccavano un corteo di studenti universitari. Una delle quattro donne violentate e uccise con Espinosa è Nadia Vera, la sua compagna, attivista politica e organizzatrice di proteste
sociali. in un recente messaggio video aveva detto che se le fosse capitato qualcosa il colpevole sarebbe stato da ricercare nel governatore di Veracruz, Javier Duarte. Da quando quest'ultimo ha preso il potere nel 2010 ben 13 giornalisti sono stati uccisi nello stato di Veracruz e tre sono scomparsi nel
nulla. Le altre tre vittime erano coinquiline di Vera: un'aspirante modella di 19 anni, una donna colombiana e una donna delle pulizie quarantenne. Da venerdì pomeriggio si sono perse le tracce di Espinosa, che muovendosi da Xalapa, stato di Veracruz, alla capitale, dove i cartelli del narcotraffico era in costante contatto telefonico con un amico.
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