IL CAIRO. Un sequestro per soldi, la pista degli scafisti è da escludere. A quattro giorni dal rapimento in Libia dei quattro italiani, il sottosegretario con delega ai servizi Marco Minniti ha scartato l'ipotesi che i rapitori siano legati in qualche modo ai trafficanti arrestati nelle settimane scorse in Italia e che il sequestro possa essere utilizzato come 'merce di scambio' per ottenere dall'Italia il rilascio dei detenuti. È una «via impercorribile» e quindi va esclusa, è emerso nel corso di un'audizione al Copasir del sottosegretario. Minniti ha privilegiato l'ipotesi che il sequestro di Gino Pollicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla sia sostanzialmente l'iniziativa di una banda di soggetti non legati al terrorismo e che probabilmente cercano di monetizzare questa azione. Se così fosse, è stato sottolineato, pur nella difficoltà della situazione, la vicenda sarebbe più facilmente gestibile. Il pericolo è ora legato ad un allungamento dei tempi del sequestro oppure alla difficoltà di individuare le fonti con cui interloquire in Libia, fonti che siano attendibili e che possano portare in tempi rapidi a una soluzione della vicenda. L'incubo ovviamente è che i quattro possano essere venduti ad organizzazioni jihadiste in qualche modo legate all'Isis. Si aggiunge insomma un tassello alla vicenda definita «molto complessa e delicata» da Minniti, dopo che ieri il governo italiano non aveva escluso che ci potessero essere proprio gli scafisti dietro il rapimento, ma aveva chiuso a qualsiasi ipotesi di scambio con trafficanti detenuti in Italia. La versione emersa oggi a Palazzo San Macuto non è lontana d'altra parte da quella offerta dal premier di Tripoli Khalifa al Ghweil che, intervistato da La7, ha considerato anche lui «molto scarsa» la probabilità che il rapimento abbia una relazione con i trafficanti. Al Ghweil è convinto che gli autori possano essere «criminali che vogliono turbare le relazioni che vogliamo instaurare con l'Italia». «Seguiamo con molta attenzione questa spiacevole faccenda», ha assicurato, precisando che gli «italiani arrivavano dalla Tunisia per rientrare nello stabilimento dalla tangenziale Atuila, che porta alla strada principale ad ovest di Sabrata, e in quel punto sono stati rapiti». Tripoli - le cui milizie islamiste, Fajr Lybia, erano state in un primo momento indicate da alcuni analisti tra i possibili autori del sequestro - ha «attivato i servizi segreti» e considera questi «criminali nemici della tranquillità della Libia». Al Ghweil ha poi voluto sottolineare la «riluttanza del governo italiano a collaborare con noi e la sua debolezza nel combattere il terrorismo e i criminali. Questo ha fatto sì che i criminali trovassero un ambiente favorevole per espandersi. Non abbiamo mezzi e l'Italia non ha fatto niente per aiutarci a combattere il terrorismo in Libia». «Pertanto - ha aggiunto - rinnovo l'invito a Roma a collaborare col nostro governo e non con l'altro». Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni dal canto suo ha chiesto «prudenza e riserbo per riportare a casa» gli italiani e ha invitato a «non inseguire il carosello di rivendicazioni, ipotesi e retroscena che vengono fatti in modo più o meno strumentale». Sulla stessa linea il titolare del Viminale Angelino Alfano. Intanto a Sirte, dove negli ultimi mesi si è rafforzata la presenza dell'Isis, si sono verificati violenti combattimenti tra la Brigata 166 dei Fratelli Musulmani e gruppi affiliati allo Stato Islamico. Critica la situazione anche a Bengasi, dove si susseguono gli scontri fra l'esercito e formazioni islamiste. Cinque takfiri sono morti in un bombardamento dell'aviazione nella regione di el Saberi.