KAIROUAN. Si chiamava Seiffedine Rezgui, il killer che venerdì ha fatto fuoco sulla spiaggia di Sousse sugli ospiti di alcuni resort, uccidendo 37 persone, quasi tutti turisti. Nel suo passato gli studi universitari in ingegneria informatica, il 23enne avrebbe unito le lezioni dell’imam Malik, a Tunisi, nell’istituto di scienze forensi «palestra» dei salafiti richiamati alla perfetta conoscenza della religione e alla militanza. Le preghiere e l’azione. La ricompensa per Rezgui sarebbero i soldi donati alla famiglia dopo la missione che ha portato alla sua uccisione. Una famiglia originaria della zona settentrionale della Tunisia dove descrivono Seiffedine come un «un timido introverso che soffriva la vita». Il giovane killer è indicato come frequentatore di due moschee in Tunisia, una rientra anche nell’elenco di quelle che sono state chiuse nei giorni scorsi dal governo, all’indomani dell’attentato. “La presenza nelle moschee di Rezgui – come riportato da Corriere.it -, confermata dai testimoni come i proprietari delle botteghe vicine e in particolare un venditore di tappeti, è un dato acquisito degli investigatori. Ma soltanto adesso. Se in una fase iniziale non avevano avuto nulla da segnalare sullo stragista nemmeno gli attenti e preparati servizi segreti, il quadro è clamorosamente cambiato”.