NEW YORK. I neri sono il nemico e vanno combattuti: «non ho scelta. Non ci sono skinhead, non c'è il Ku Klux Klan. Qualcuno deve essere coraggioso, e penso di dover essere io». Dylann Roof, il giovane killer di Charleston, si sentiva un 'presceltò, nel pozzo senza fondo del suo delirio razzista. Lo rivela una sorta di blog-manifesto, scovato oggi sul web, da cui filtra la sua 'rivendicazionè anticipata della strage nella chiesa della Carolina del Sud. Un vero e proprio proclama in favore della supremazia bianca, il suo, nel quale questo ventunenne emerso da una specie di tunnel dell'America profonda si ritrae in foto con in pugno un'arma da fuoco, mentre brucia una bandiera americana e sventola invece vessilli sudisti o mentre scrive sulla sabbia «1488», un numero che unisce due simboli da incubo: «88» sta infatti per 'Heil Hitler' e '14' per lo slogan delle '14 parolè, ovvero 'Dobbiamo assicurare l'esistenza della nostra gente e dei nostri bambini bianchì. Le autorità americane e l'Fbi indagano ora sull'autenticità del sito per verificare se Dylann abbia scritto di propria mano questo testo che inneggia ai bianchi e liquida i neri (anzi i «negri», visto che il termine usato è l'offensivo «nigger») alla stregua di nemici «violenti» da cui difendersi, oltre che di una «razza» dotata di un «quoziente intellettivo più basso»: al pari degli ispanici e a differenza degli asiatici. La sua famiglia di dice adesso scioccata per l'accaduto. Ma Barack Obama vorrebbe di più delle solite parole: quello che è accaduto a Charleston non può essere la nuova normalità degli Stati Uniti, dice, dopo sette anni alla Casa Bianca del loro primo presidente afroamericano. Rilanciando il dibattito sulle armi, il presidente cerca a Hollywood alleati per riesumare la battaglia per un qualche giro di vite, consapevole del potere del piccolo e grande schermo. «L'apparente motivazione del killer ci ricorda che il razzismo resta una piaga che dobbiamo combattere insieme», insiste, invitando il Congresso ad agire finalmente per restringere il possesso delle armi. Mentre Hillary Clinton si limita per ora a invocare una riforma di «buon senso». Queste stragi - rileva Obama - accadono anche in altri paesi, ma in modo più sporadico rispetto agli Usa perchè altrove, per un 21enne come Dylann Roof, è meno facile entrare in possesso di uno strumento di morte. Di fronte all'atroce eccidio commesso da Dylann, la sua famiglia chiede invece il rispetto della privacy. Lo zio è l'unico che, a quanto riportato dalla stampa, si sbilancia: se verrà condannato a morte «vorrei» premere «io stesso» il pulsante. La matrigna, Paige Mann, prova viceversa a dipingere alla Nbc Dylann come un ragazzo «dolce», che ha incontrato il male «su quel diavolo di internet». Ma non spiega come una personalità disturbata e ossessiva, affezionata morbosamente alla grottesca pettinatura a scodella, fosse in possesso di armi micidiali. E nemmeno lo spiega la sorella Amber, colei che pure dopo il massacro ha aiutato la polizia a identificarlo. Amber e Dylann hanno avuto del resto un passato difficile comune, con un padre violento che pare picchiasse la moglie Paige. Abusi ripetuti e sopportati da Paige Mann fino al 2008, quando la donna trovò la forza di divorziare, lasciando tuttavia in balia di un padre tiranno i due figliastri. Dà lì - secondo alcuni documenti - sarebbero emersi i primi problemi di Dylann: avrebbe iniziato a saltare la scuola, preferendo videogiochi e droghe. Un isolamento accentuatosi con il tempo, fino a fare del ragazzo un fanatico lupo solitario il quale, ricostruisce un amico, progettava in effetti da 6 mesi il raid in quella storica chiesa metodista nera. Una chiesa che si appresta a riaprire i battenti già nelle prossime ore, annuncia oggi la comunità. Per permettere anche ai familiari delle vittime, dopo il commovente perdono cristiano offerto all'assassino, di tornare a pregare domenica fra quei banchi macchiati di sangue.