BRUXELLES. Il Trattato di Schengen compie trent'anni. Un accordo con cui il 'Vecchio Continentè scelse di abbattere le proprie frontiere, mettendosi alle spalle una storia tragica, segnata da conflitti e da dispute territoriali. Ma si tratta di un compleanno amaro, visto che non tutti la ritengono una conquista «irreversibile»: in un'Europa sempre più divisa, lacerata dagli scontri sull'immigrazione e sulla crisi, gran parte delle forze più conservatrici ed euroscettiche spingono infatti per la sua abolizione. Senza dubbio, quel lontano 14 giugno dell'85, l'intesa a favore della libera circolazione tra i Paesi firmatari segnò una svolta storica, un cambio radicale nella vita quotidiana dei cittadini europei. Non fu solo la fine dei controlli negli aeroporti (poi parzialmente reintrodotti a causa degli attentati dell'11 settembre 2001) e ai confini autostradali. Quanto piuttosto il segnale concreto di come fosse possibile creare una forte cittadinanza comune europea, un senso di appartenenza a una comunità, forte dei suoi principi di libertà e di tolleranza. Una novità paragonabile solo a quella dell'introduzione della moneta unica di qualche anno dopo. «In un continente - osserva oggi il commissario Ue per l'immigrazione, Dimitris Avramopoulos - in cui le Nazioni versarono il loro sangue per difendere i loro territori, oggi i confini esistono solo sulle mappe». Dopo due guerre mondiali devastanti, l'area Schengen, aggiunge, «resta uno dei più grandi e irreversibili successi dell'Unione europea». Per celebrare quella data, domani, nell'omonima piccola località lussemburghese, parleranno il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, e il premier lussemburghese, Xavier Bettel. All'epoca, a dare vita al cosiddetto 'spazio Schengen' furono Germania, Francia, Belgio, Olanda e Lussemburgo. L'Italia aderì nel 1990. Oggi al Trattato aderiscono 26 nazioni, ovvero tutti i Paesi Ue, eccetto Regno Unito, Irlanda, Cipro, Bulgaria, Romania e Croazia. Ma anche alcuni non 'comunitarì, come l'Islanda, la Norvegia, la Svizzera e il Liechtenstein.