MADRID. Il terremoto annunciato per la politica spagnola alla fine si è verificato alle amministrative e regionali di ieri, che hanno visto i post-indignados di Podemos prendere Barcellona, avvicinarsi anche alla conquista di Madrid, e imporre ai due grandi partiti tradizionali Pp e Psoe un drastico ridimensionamento. Nella notte, mentre migliaia di giovani sostenitori di Podemos ballavano e cantavano a Barcellona e Madrid, il leader dei post-indignados Pablo Iglesias ha avvertito che il «processo del cambiamento è ora irreversibile» e ha annunciato che sfiderà il premier Mariano Rajoy per la guida del governo alle politiche di novembre. Il Partido Popular ha pagato duramente il prezzo della gestione lacrime e sangue della crisi negli ultimi anni, e anche della corruzione endemica che imperversa da anni nella politica spagnola. Rimane il primo partito del paese, con il 27%, davanti al Psoe al 25%, e arriva primo in 11 delle 13 regioni in cui si votava oggi. Ma i popolari rispetto al 2011, quando avevo oltre il 40% hanno perso 2,6 milioni di voti e tutte le maggioranze assolute che avevano nelle grandi città e nelle regioni. Nei prossimi giorni si aprirà una fase di dure trattative per cercare di garantire la governabilità delle collettività del paese. A Barcellona ha trionfato la candidata di Podemos Ada Colau, che ha superato il sindaco uscente, il nazionalista catalano della Ciu Xavier Trias. A Madrid la situazione è in bilico. Dopo lo spoglio del 98% la candidata del Pp Esperanza Aguirre arriva prima con 21 seggi davanti alla rivale di Podemos Manuela Carmena, 20 seggi. Il Psoe crolla a 9 seggi, subisce l'umiliante sorpasso dei post-indignados, mentre Ciudanos, l'altro partito alternativo di 'mani pulitè guidato da Albert Rivera è a 7 seggi. Non è escluso che alla fine un'alleanza fra Podemos e Psoe consenta a Carmena di diventare comunque il nuovo sindaco. Sarebbe un «disastro» per il Pp e per Rajoy, avvertono diversi analisti, in vista delle politiche. La capitale è la roccaforte dei popolari da 20 anni. Il Pp, per il gioco della coalizioni, rischia anche di perdere Valencia e Saragozza, dove Podemos e Ciudadanos hanno vampirizzato l'elettorato dei due grandi partiti tradizionali. Il risultato delle elezioni di oggi «segna l'inizio della fine del bipartitismo», che ha guidato il paese dalla fine del franchismo, ha detto il leader di Podemos Pablo Iglesias, rilevando che Pp e Psoe «hanno registrato uno dei peggiori risultati della loro storia». Per i socialisti è stato il peggiore in assoluto nelle elezioni amministrative dalla fine della dittatura. Crolla anche il partito tradizionale della sinistra, Izquierda Unida, mentre per i nazionalisti catalani di Ciu, pure impantanati in scandali di corruzione, è una Waterloo la perdita di Barcellona, che avrebbe dovuto essere il caposaldo del processo di indipendenza della Catalogna. «Oggi è stata una rivoluzione democratica» ha esultato nella notte la futura nuova sindaca post-indignada della capitale catalana, Ada Colau. Una rivoluzione «che deve allargarsi ora a tutto il sud-Europa». Dopo la Grecia di Syriza, la Spagna è ora indubbiamente il nuovo grande laboratorio della politica europea.