NEW YORK. John Kerry e Javad Zarif: i due non si erano più incontrati da Losanna, in Svizzera, quando alcune settimane fa annunciarono al mondo intero lo storica intesa tra Stati Uniti e Iran, quella sul programma nucleare di Teheran che ora dovrà trasformarsi in accordo definitivo entro giugno. Il segretario di stato americano e il ministro della difesa iraniano si ritrovano ora a New York, al Palazzo di vetro dell'Onu, dove è in corso la Conferenza sul trattato per la non proliferazione delle armi atomiche.
Un'occasione unica per confrontarsi prima che parta il rush finale di quei negoziati che per il capo della diplomazia Usa porteranno all'atteso accordo, definito «più che mai vicino». Accordo che potrebbe consegnare Barack Obama e il leader iraniano Hassan Rohani ai libri di storia. Ma a tessere la tela sono sempre stati loro, Kerry e Zarif. E oggi il nuovo ostacolo da superare è quello legato alla crisi nello Yemen, dietro alla quale c'è un pericolosissimo scontro tra Iran e Arabia Saudita. Il messaggio che Kerry ripone direttamente nelle mani di Zarif è quello che da giorni gli Usa inviano a Teheran: convincere gli Houthi (i ribelli sciiti yemeniti appoggiati dall'Iran) a dialogare, a trattare, a sedersi al tavolo della diplomazia nel tentativo di non far deflagare uno Yemen sempre più dilaniato dalla guerra civile.
Con tutti i rischi relativi alla stabilità dell'intera regione. Il motivo della sospensione dei raid aerei dei sauditi contro gli Houthi, spiega il Segretario di Stato americano, va ricercato proprio nella volontà di aprire uno spiraglio alla soluzione politica. Mentre gli Houthi la starebbero sfruttando - denuncia - per estendere il loro controllo sul territorio yemenita. Teheran deve fermarli. Perche la situazione è sempre più pericolosa, anche in considerazione della presenza di navi da guerra americane al largo del Golfo di Aden e di altre navi iraniane pronte a rifornire gli sciiti yemeniti di armi. «Ognuno faccia la sua parte per fermare le violenze e permettere che dei negoziati inizino», è l'appello di Kerry.
Zarif, intanto, parlando di non proliferazione delle armi nucleari, ha sottolineato come Israele (che per la prima volta partecipa alla conferenza Onu) sia il primo ostacolo al trattato, in quanto unico stato in Medio Oriente a essere dotato di un arsenale nucleare non dichiarato. E ha rivendicato con forza il diritto di ogni Paese a sviluppare un proprio programma nucleare a scopi pacifici: «Le preoccupazioni legate alla proliferazione nucleare - ha sottolineato il ministro degli esteri iraniano - non devono in alcun modo limitare l'inalienabile diritto di ogni Stato a sviluppare la tecnologia nucleare per scopi pacifici senza alcuna discriminazione, come previsto all'articolo IV del trattato».
Tutto questo mentre a Washington è a rischio il compromesso raggiunto al Congresso sull'accordo con l'Iran. Alcuni parlamentari repubblicani hanno infatti presentato emendamenti che di fatto manderebbero a monte l'intesa bipartisan. Alcune proposte chiedono che nell'accordo con Teheran quest'ultima riconosca ufficialmente Israele. Altre che l'intesa abbia lo status di trattato, così da richiedere una maggioranza di due terzi del Senato per essere approvata. C'è poi chi propone di inserire nell'accordo la liberazione dei cittadini Usa detenuti in Iran.
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