BRUXELLES. David Cameron insiste. «È giusto che la Gran Bretagna e la Royal Navy vadano a salvare vite, ma la Gran Bretagna non offrirà asilo».
Le persone che saranno recuperate, in una missione che durerà due mesi, «le porteremo in Italia o in altri paesi vicini», ribadisce il premier britannico lasciando il vertice europeo senza tenere l'altrimenti tradizionale conferenza stampa.
La ripartizione tra i paesi europei dei richiedenti asilo resta il tema tabù attorno al tavolo del vertice europeo straordinario. Da Angela Merkel a David Cameron, intesi come i due opposti estremi dell' europeismo, tutti dicono che bisogna «agire» di fronte alla catastrofe umanitaria.
Quindi ok, pur fra tanti dubbi, a studiare i modi per combattere i nuovi schiavisti. Ok a dare sostegno ai paesi di origine e transito per frenare i flussi verso la Libia. Ok a fare pressione sulle fazioni libiche perchè nasca un governo di unità nazionale. Ok a nuovi fondi per Triton. Ma sulla redistribuzione del fardello, niente da fare: si resta alla volontarietà.
Che proprio Cameron, a due settimane dalle elezioni, nega stuzzicando l'orgoglio britannico (e gelando l'Italia): Londra «farà la sua parte» e manderà tre navi e tre elicotteri a salvare vite nel Mediterraneo. Ma scaricherà tutti «nel paese sicuro più vicino», ovvero il nostro. E «la condizione» dell'impegno, non coordinato con Frontex visto che il Regno Unito non è in Schengen, è che «nessuno avrà titolo per chiedere asilo in Gran Bretagna».
Meglio va sul fronte delle risorse economiche per Triton. Jean Claude Juncker, che ai 28 distribuisce un dossier intitolato «Gestire le migrazioni: una sfida comune», chiede e ottiene che siano triplicati i fondi per le operazioni di Triton: dai 3 milioni al mese attuali, si passa a 9. Ovvero, quanto l'Italia da sola spendeva per Mare Nostrum. Ma ci saranno molti più mezzi: Belgio, Germania, Francia, Svezia, Lituania, Norvegia e Danimarca promettono complessivamente 8 navi, 1 elicottero e 1 pattugliatore. Mentre altri, come la Spagna, dicono che saranno «generosi» quando la Commissione avrà definito le necessità. Ma resta irrisolto l'argomento che sta più a cuore ai paesi «in prima linea» sul Mediterraneo. Ovvero, come ricorda Alexis Tsipras, «la solidarietà» nella condivisione del fardello di profughi che le operazioni Triton e Poseidon salvano dal mare. L'idea delle 'quotè obbligatorie nemmeno si discute.
Nelle bozze di conclusioni spunta un meccanismo di emergenza, tutto da definire. E ci potrebbe essere una scappatoia per la redistribuzione, assegnando al paese della nave che salva in mare il compito di trattare le richieste di asilo. D'altronde era stato lo stesso presidente del Consiglio, il polacco Donald Tusk (che ha impiegato 24 ore prima di sciogliere le riserve e convocare questo vertice), a dire chiaramente che sarebbe stata la redistribuzione «la questione più difficile» da discutere perchè si sarebbe trattato di convincere tanti paesi «a sacrificare qualche interesse nazionale in nome del bene comune».
Negli anni le posizioni si sono cristallizzate: i paesi dell'est con l'Ungheria in testa, ma anche la Gran Bretagna, l'Irlanda, la Finlandia che ha il partito xenofobo dei 'nuovi finlandesi' al potere, o i paesi baltici non vogliono neppure sentir parlare di cambiare le regole della Convenzione di Dublino. «Ma la Ue avanza nelle grandi crisi e speriamo di fare qualche passo avanti, almeno sul meccanismo di emergenza» dice una diplomatico, specificando che il team si riaprirà quando il Commissario per l'immigrazione, Dimitri Avramopoulos, il 13 maggio presenterà la strategia europea per l'immigrazione.
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