ANKARA. A due mesi dalle cruciali elezioni politiche del 7 giugno, resta alta la tensione in Turchia all'indomani del sanguinoso sequestro a Istanbul del giudice Mehmet Selim Kiraz da parte di due membri del gruppo di estrema sinistra Dhkp-C. È polemica soprattutto sull'esito del blitz delle teste di cuoio di Ankara costato la vita al pm e ai suoi sequestratori. Questa mattina la polizia turca ha arrestato a Antalya, Smirne e Eskisehir 32 persone sospettate di essere vicine al Dhkp-C.
A Istanbul, nel quartiere di Kartal, un uomo armato ha brevemente occupato una sede locale del partito islamico Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan. Dopo l'intervento delle forze speciali è stato arrestato. Non ci sono stati feriti. Dopo avere fatto irruzione, sembra armato nell'edificio, l'uomo aveva fatto uscire tutti i dipendenti presenti e aveva esposto ad una finestra una bandiera turca sulla quale era stata aggiunta una sorta di scimitarra. Dopo l'assalto delle teste di cuoio al Palazzo di Giustizia, nella notte ci sono stati incidenti fra la polizia e i manifestanti in due quartieri di Istanbul. Le forze di sicurezza hanno usato lacrimogeni per disperdere manifestanti di estrema sinistra nel quartiere di Okmeydani, dove il quattordicenne Berkin Elvan, figura simbolo del movimento di Gezi Park, venne colpito mortalmente da un candelotto lacrimogeno alla testa nel giugno 2013.
Ci sono stati incidenti anche nel quartiere popolare di Gazi, dove è attivo il Dhkp-C. I due sequestratori del giudice Mehmet Selim Kiraz ieri chiedevano «giustizia» per la vicenda Berkin. A due anni dai fatti il poliziotto responsabile della morte del ragazzo non è stato ancora incriminato. L'esito drammatico dell'assalto delle forze di sicurezza, con le quali si è congratulato nella notte Erdogan, suscita polemiche. «Lo Stato non riesce a proteggere il suo pm» titola il quotidiano di sinistra Sozcu. Il procuratore Kiraz era responsabile delle indagini sull'uccisione di Berkin Elvan. Per Cumhuriyet, la tragica vicenda mette in luce che «la gente non si fida più della giustizia» e che «la repressione delle proteste e l'insabbiamento della giustizia spingono alcuni a decidere che la violenza è l'unica soluzione».
A due mesi dalle elezioni politiche, avverte, si temono ora «scenari catastrofici». Yurt si chiede invece se il sanguinoso sequestro di Istanbul non sia «una provocazione» in vista del voto.
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