Venerdì 22 Novembre 2024

Battisti, il Brasile ordina l'espulsione: i legali annunciano il ricorso

SAN PAOLO. Protetto dallo status di rifugiato politico ma incastrato dai documenti falsi. L'ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo Cesare Battisti, condannato all'ergastolo in via definita in Italia per quattro omicidi commessi durante gli anni di piombo, rischia l'espulsione dal Brasile. Una giudice federale di Brasilia, Adverci Rates Mendes de Abreu, ha infatti accolto la richiesta della Procura federale di considerare nullo l'atto di concessione del permesso di soggiorno a Battisti, definito «uno straniero senza documenti, condannato in Italia per gravi crimini». La giudice federale ha quindi avviato la procedura di espulsione ed ha sollecitato il governo a verificare la possibilità di consegnare Battisti alle autorità di Francia o Messico, Paesi dove l'ex terrorista ha soggiornato dopo la fuga dall'Italia e prima dell'arrivo in Brasile.  L'ex terrorista dei Pac ha comunque diritto a ricorrere contro la sentenza: «Presenteremo ricorso non appena la sentenza sarà depositata. Non comprendiamo come si tenti di modificare una decisone della Corte costituzionale e del presidente della Repubblica», ha detto l'avvocato Igor Sant'Anna Tamasauskas.  Battisti è stato condannato a due anni di reclusione, poi convertiti in affidamento ai servizi sociali, per la falsificazione dei timbri del Servizio immigrazione che gli hanno permesso di entrare illegalmente in Brasile dopo la lunga latitanza in Francia. Sessant'anni, è residente a San Paolo ed ha un regolare visto di lavoro ma la legge che regola la permanenza degli stranieri prevede che chi commette un reato per entrare o rimanere nel Paese può essere espulso. Ed è appunto il caso di Battisti, che entrò clandestinamente in Brasile usando almeno un paio di passaporti falsi, sui quali faceva apporre periodicamente timbri altrettanto falsi per dimostrare, nel caso di un controllo, di essere un turista francese in vacanza a Rio de Janeiro.  Quando l'ex terrorista fu arrestato nel 2007, su richiesta dell'Italia, la polizia scoprì nel suo appartamento di Copacabana i documenti falsificati. Da lì la condanna che ora potrebbe costargli l'espulsione, nonostante lo status di rifugiato politico concessogli dall'ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva il 31 dicembre del 2010, ultimo giorno del suo secondo mandato. Quella decisione impedì l'estradizione in Italia e fece piombare ai minimi storici le relazioni diplomatiche tra l'Italia e il Brasile, con il richiamo a Roma dell'allora ambasciatore a Brasilia Gherardo La Francesca. La notizia della possibile espulsione di Battisti è stata accolta con favore da Alberto Torreggiani, figlio di una delle vittime dell'ex terrorista, che ha chiesto «la riapertura della procedura di estradizione». Caustico il commento di Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia: «Aspettiamo l'assassino a braccia aperte», ha twittato. Per Elvira Sannino, deputato di Forza Italia, «il governo deve fare in modo che Battisti non fugga di nuovo», mentre Lino Sabbadin, figlio di un'altra vittima di Battisti, auspica che l'ex Pac «sconti la sua pena».  Le autorità brasiliane hanno sempre negato che la vicenda di Battisti sia legata a quella di Henrique Pizzolato, l'ex dirigente del Banco do Brasil condannato a 12 anni e sette mesi di reclusione nel cosiddetto 'Mensalaò, la Mani Pulite brasiliana, e fuggito in Italia con il passaporto del fratello defunto. Il Brasile ha chiesto l'estradizione di Pizzolato e la decisione è ora nella mani del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che il 18 febbraio ha incontrato a Roma proprio Ricardo Lewandowski, presidente del Supremo tribunale federale brasiliano.

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