«Il pericolo non farà che aumentare, di settimana in settimana. Perchè non siamo più di fronte a un movimento terroristico, come al Qaeda, ma a uno Stato. Che ha territorio, esercito, scuole». Khaled Fouad Allam, docente di Sociologia del mondo musulmano all’Università di Trieste, sottolinea la gravità della sfida planetaria lanciata dall’Isis. Per lo studioso di origini algerine, che ha recentemente pubblicato con la casa editrice Piemme un’edizione aggiornata del suo libro «Il jihadista della porta accanto», sono inoltre evidenti i corsi e ricorsi storici: «Il Califfato, almeno quello ottomano, è esistito per cinque secoli. Fino al 1924. Questa idea non è mai morta. E, comunque, non è certo nata adesso con l’Isis». Sognando la rinascita dell'impero ottomano, il «virus-Isis» si sta diffondendo dalla Siria alla Libia. Perchè? «L’abolizione del Califfato, nel ’24, ha prodotto una spaccatura: alcuni hanno pensato che la via moderna all’Islam potesse passare da uno Stato di tipo occidentale, altri hanno decisamente rifiutato questa visione. Oggi, si assiste alla decomposizione e alla crisi di legittimità di Stati tradizionali come Iraq e Siria. Intanto, divampa l’ideologia islamista. La grande novità sta nel fatto che questo fondamentalismo è riuscito a trasformare la contestazione in istituzione, cioè in uno Stato. E questo esercita una grande capacità attrattiva su tanti giovani che difettano di personalità». L'Onu ha bocciato l'opzione militare in Libia chiesta dall'Egitto e dallo stesso governo di Tobruk. Nel «Paese del Caos», una perdita di tempo confidare in soluzioni politiche? «Purtroppo, non abbiamo alcuno strumento adeguato a quella che io chiamo la grammatica delle relazioni internazionali. Vale a dire che le nazioni hanno bisogno di qualcosa che organizzi la complessità, come la grammatica organizza il sistema e la logica in ogni lingua. L’Onu, nata nel ’45, è ormai superata dagli eventi». L'INTERVISTA INTEGRALE NELLE PAGINE DEL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA