MOSCA. Il ritiro delle armi pesanti dal fronte ucraino resta per ora una promessa non mantenuta. Kiev non ha ancora cominciato ad arretrare la propria artiglieria accusando le milizie filorusse di continuare a bombardare le sue posizioni, mentre da parte loro i ribelli annunciano che inizieranno a ritirare cannoni e lanciarazzi da oggi. Ma resta da vedere se dalle parole si passerà ai fatti.
Intanto, in un'intervista televisiva, Vladimir Putin prova ad abbassare i toni. Insistendo sul rispetto degli accordi di Minsk - malgrado gli strali ucraini e statunitensi contro l'atteggiamento russo - e liquidando come «un improbabile scenario apocalittico» quello di una guerra aperta con l'Ucraina.
Il leader del Cremlino tuttavia non cede sulla Crimea (ormai riannessa da Mosca), mentre smentisce seccamente le accuse di un ipotetico coinvolgimento di cecchini manovrati dalla Russia nella strage di Maidan di un anno fa: avanzate dal presidente Petro Poroshenko dopo che un documentario della Bbc aveva rilanciato sospetti su alcuni insorti che avrebbero sparato sulla polizia dal Conservatorio (controllato in quei giorni dal movimento di protesta) la mattina del 20 febbraio riaccendendo le violenze che avrebbero poi insanguinato la piazza cuore della protesta portando alla morte di decine di persone.
Il termine previsto dalle intese di Minsk-2 per cominciare ad allontanare le artiglierie dalla linea di fuoco è in ogni modo scaduto fin da martedì scorso. E l'obiettivo di creare in 14 giorni una zona cuscinetto larga da 50 a 140 km (a seconda della gittata) continua a essere messo in dubbio dal mancato rispetto della tregua in alcune aree del Donbass, fra recriminazioni reciproche. Anche nelle ultime 24 ore, mentre le autorità ucraine riportano la morte di due soldati, i filorussi fanno sapere di aver a loro volta perso un uomo.
Secondo il tenente colonnello Anatoli Stelmakh, portavoce delle forze armate di Kiev, nella notte i ribelli hanno bombardato le postazioni ucraine due volte: molto meno che negli ultimi giorni, ma - sottolinea l'ufficiale - «finchè continua il fuoco» dei separatisti «non è possibile parlare di ritiro» delle armi pesanti dal fronte.
Il colonnello Valentin Fedicev, vice comandante delle truppe ucraine nel sud-est, denuncia invece 27 attacchi dei ribelli in 24 ore. Kiev accusa inoltre i filorussi di voler conquistare Shirokine, un villaggio vicino Mariupol: città sul Mar Nero strategicamente imprescindibile, dove in serata due persone sono morte in una sparatoria tra un gruppo di agenti e i tre occupanti di un'auto che - stando al capo della polizia regionale - trasportava una borsa con dell'esplosivo. Per cercare una soluzione a questo conflitto in cui - secondo l'Onu - hanno finora perso la vita a causa del fuoco di entrambi i fronti circa 5.700 persone, domani i ministri degli Esteri di Francia, Russia, Ucraina e Germania si incontreranno a Parigi per un nuovo vertice nel cosiddetto «formato di Normandia».
Al centro dei colloqui vi sarà anche la messa in atto degli accordi di Minsk-2, che il portavoce di Angela Merkel ha oggi definito finora «insoddisfacente» chiedendo a Mosca di far «pressione sui separatisti» per il rispetto pieno della tregua.
Intanto, mentre i ribelli puntano il dito contro Kiev accusandola di aver bloccato l'accesso dai territori controllati dalla insurrezione, il 'falco anti-russo" nel Congresso Usa John Mc Cain torna a spingere per l'invio di armi americane all'esercito ucraino con parole di fuoco: «Mi vergogno del mio Paese, del mio presidente e di me stesso», ha tuonato il senatore repubblicano scagliandosi poi contro Merkel e Hollande, mediatori dell'accordo di Minsk e colpevoli - a suo parere - di aver legittimato per la prima volta in 70 anni lo smembramento di uno Stato in Europa.
Ad accusare di fatto la Russia di aver invaso l'Ucraina è anche l'arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina (o uniate, che ha conservato la liturgia bizantina ma riconosce l'autorità papale) a margine di una visita Ad Limina in Vaticano. Nei giorni scorsi il capo della chiesa ortodossa russa Kirill, pur lodando la Santa Sede per la sua «posizione ponderata» sulla crisi ucraina, aveva attaccato proprio la chiesa greco-cattolica per i suoi «interventi estremamente politicizzati».
A queste parole il presule uniate ha replicato oggi dichiarando che il Patriarcato di Mosca è diventato «portavoce dell'aggressore». Ma la guerra nel Donbass sta anche mettendo in ginocchio l'economia ucraina, da tempo in recessione e ora a rischio default: oggi la valuta di Kiev, la grivnia, ha perso il 10% del suo valore fino ad arrivare a essere scambiata a 30,5 contro il dollaro prima di registrare una leggera ripresa.
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