BEIRUT. Tre bambini bruciati vivi nella baracca in cui stavano con i genitori, fuggiti dall'inferno della guerra in Siria e finiti a vivere in tende o alloggi di fortuna in condizioni insopportabili. È avvenuto in Libano, dove in questi giorni oltre un milione di profughi cercano di sopravvivere alla neve e al gelo di un inverno particolarmente rigido. Ma si tratta ancora solo di una parte degli oltre 10 milioni di siriani costretti ad abbandonare le loro case dall'inizio del conflitto civile, nel 2011. Il drammatico dato è contenuto in un rapporto presentato oggi al consiglio di Sicurezza dalla Commissione d'inchiesta dell'Onu sulla Siria, la quale parla anche di «crimini impensabili» che continuano a essere «commessi quotidianamente in Siria». La Commissione, guidata dal brasiliano Paulo Pinheiro, parla anzi di una «crescita esponenziale» di tali crimini, affermando che tutte le parti si sono macchiate di abusi sui bambini e hanno fatto uso di bambini soldato. «Metà della popolazione siriana ha abbandonato le proprie case, assumendo così lo stato di rifugiati o sfollati», ha affermato la Commissione. Di questi, più di 3 milioni hanno cercato rifugio in Libano, Giordania, Turchia e Iraq, in «uno dei più grandi esodi della Storia recente». Oltre 6,5 milioni sono invece gli sfollati rimasti nel loro Paese, mentre 4,6 milioni vivono sotto assedio o in aree di difficile accesso. Secondo quanto riferito dalla stampa di Beirut, i tre bambini uccisi dalle fiamme in Libano erano due sorelle e un loro cugino. Probabilmente l'incendio è stato provocato da una perdita di combustibile dalla stufa usata per scaldare la baracca in questi giorni di intenso freddo che hanno visto nevicate a partire dai 500 metri di altitudine. Dall'inizio dell'anno si era già avuta notizia della morte di sei rifugiati siriani in Libano a causa del freddo, compresi due neonati. I tre bambini vittime dell'incendio, che si chiamavano Rawaa, Sabah e Talal Sleiman, vivevano nella cittadina di Bhenin, nel distretto settentrionale di Miniyeh-Dinnieh. Intanto altre decine di migliaia di persone sono state costrette negli ultimi giorni a lasciare le loro case nelle campagne intorno ad Aleppo e a cercare rifugio presso parenti o campi profughi verso il confine turco, a causa dei combattimenti che infuriano nella regione, dopo un'offensiva lanciata dalle forze lealiste. Secondo l'ong Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), è di almeno 38 morti il bilancio di nuovi scontri avvenuti tra ieri e oggi: 23 soldati e miliziani lealisti da un lato e 15 ribelli e combattenti qaedisti del Fronte al Nusra dall'altro. «Chiediamo alle parti in conflitto di permettere alla popolazione di cercare rifugio in zone sicure e garantire la possibilità di fornire assistenza umanitaria», è l'appello lanciato da Raquel Ayora, direttore delle operazioni di Medici senza Frontiere.