TRIPOLI. La polveriera libica è al centro dell'attenzione dei grandi del mondo. Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha indetto oggi una riunione fiume per discutere la richiesta dell'Egitto - che continua a martellare l'Isis - di affrontare l'espansione dello Stato islamico in Libia col pugno di ferro, ovvero con una forza militare sostenuta dalle Nazioni Unite. Proprio mentre da alcuni documenti segreti emerge l'inquietante rivelazione che l'Isis intende utilizzare il territorio libico per portare «il caos nel Sud dell'Europa». Allo stesso tempo, a Washington è in corso un vertice internazionale contro l'estremismo islamico, a cui partecipano oltre 60 Paesi: fonti della Casa Bianca affermano che non si parla solo di Isis, ma certo l'espansione del Califfato è tra gli argomenti portanti, così come le cause che ne sono all'origine.
E in questo quadro, in un intervento sul Los Angeles Times, Obama ha sottolineato che l'Isis e anche al Qaida «sfruttano la rabbia di coloro che sentono di non avere chance di migliorare la propria vita, per via delle ingiustizie e della corruzione». Secondo il presidente americano, la forza militare da sola non può però risolvere il problema del terrorismo, ed è necessario contrastare la propaganda secondo cui «gli Stati Uniti sono in guerra con l'Islam: è una bugia», ha detto. Il Cairo però preme per una risposta muscolare. Dopo i raid aerei di lunedì e martedì, le forze egiziane hanno compiuto oggi anche un'incursione via terra, fino a Derna, e secondo alcune fonti «hanno ucciso 155 combattenti dell'Isis e ne hanno catturati altri 55». Il tutto mentre all'Onu il governo egiziano insiste affinchè venga quantomeno revocato l'embargo sulle armi per il governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, cioè quello costretto ad operare da Tobruk poichè a Tripoli la fa da padrone un governo 'parallelò formato dalle milizie islamiche.
L'orientamento del Palazzo di Vetro sembra però diverso. Al momento la prospettiva più concreta sembra quella che prevede di concedere altro tempo al mediatore dell'Onu Bernardino Leon, considerato che un intervento militare internazionale, o anche la fornitura di altre armi ad una sola delle parti in conflitto allontanerebbe la possibilità di una soluzione «politica». Ma «mentre il negoziato muove i primi passi, la situazione in Libia si aggrava», ha ammonito oggi il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. «Il tempo non è infinito, e rischia di scadere presto, pregiudicando i fragili risultati raggiunti» dalla mediazione Onu sostenuta dall'Italia, ha affermato. L'Egitto non rinuncia però ad esercitare pressioni. C'è il rischio che «barconi pieni di terroristi» arrivino sulle coste italiane, ha avvertito l'ambasciatore egiziano a Londra, Nasser Kamel, mentre il premier libico Abdallah al Thani ha a sua volta affermato che membri dell'Isis e di Boko Haram hanno raggiunto o stanno raggiungendo i gruppi terroristici in Libia, che a loro volta si starebbero avvicinando al confine con la Tunisia. Una figura di spicco dell'Isis in Libia, Abu Arhim al-Libim, afferma invece che l'Isis vuole infiltrarsi sui barconi di immigrati nel Mediterraneo e attaccare le «compagnie marittime e le navi dei Crociati», almeno stando a dei presunti 'piani segretì contenuti in un documento di cui il think tank anti terrorismo Quilliam di Londra è entrato in possesso. Difficile capire se si tratti di propaganda o strategia. Di certo, ha affermato Obama, è necessario «aiutare il mondo musulmano a sviluppare dei social media che contrastino la propaganda degli estremisti su Internet», dove «gruppi come al Qaida e l'Isis propagandano una visione della religione respinta dalla stragrande maggioranza dei musulmani».
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