Lunedì 23 Dicembre 2024

Crisi Ucraina, accordo per cessate il fuoco dal 15 febbraio

MINSK. Al termine di una storica maratona negoziale notturna di 17 ore, forse la più lunga della loro carriera, Putin, Poroshenko, Merkel e Hollande hanno concluso a Minsk il vertice in 'formato Normandià sul conflitto nell'est ucraino con una dichiarazione comune che sostiene gli accordi di Minsk dello scorso settembre, a partire da un cessate il fuoco che entrerà in vigore dalla mezzanotte di sabato prossimo. Seguirà il ritiro delle armi pesanti anche se resta controversa la zona di Debaltsevo, che Kiev non vuole cedere ai separatisti filorussi negando che le sue truppe siano circondate dai ribelli. Ribadito l'impegno a rispettare la sovranità e l'integrità territoriale ucraina. A sua volta, il gruppo di contatto (Mosca, Kiev, Osce, ribelli) ha approvato un documento con una roadmap per attuare gli accordi di Minsk. «Nonostante tutte le difficoltà, siamo riusciti a concordare sulle questioni principali», ha commentato Putin, invitando tutte le parti ad evitare «spargimenti di sangue inutili» fino al raggiungimento della tregua. Il leader del Cremlino si è tuttavia lamentato che Kiev si rifiuta ancora di impegnarsi in un dialogo diretto con i rappresentanti dei miliziani. Per Poroshenko «la principale cosa concordata è il cessate il fuoco senza condizioni». Hollande e Merkel hanno evocato una «speranza seria». Ma ha sottolineato che «c'è ancora molto lavoro da fare», fotografando forse meglio di tutti l'esito relativamente modesto di un summit difficile, contrassegnato dalla tensione (Putin ha spezzato una matita), da un balletto di riunioni in formati mutevoli e da colpi di scena, come l'iniziale rifiuto dei ribelli a firmare il documento. Sul tappeto restano nodi ancora insoluti, come lo status delle regioni ribelli e il controllo del confine russo-ucraino. Poroshenko ha detto che l'accordo non prevede nè il federalismo, nè l'autonomia. Tutti però possono tirare un sospiro di sollievo e portare a casa un risultato: la Merkel e Hollande, che non hanno visto fallire la loro mediazione; Putin, che non cede di un centimetro congelando il rischio di ulteriori sanzioni europee e forse anche della fornitura di armi Usa a Kiev; e Poroshenko, che oggi ha incassato anche dal Fondo monetario internazionale l'estensione del programma di assistenza finanziaria da 17,5 miliardi di euro a circa 40 miliardi di dollari per quattro anni.

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