TOKYO. Militanti affiliati all'Isis hanno inviato un avviso online annunciando che il «conto alla rovescia è iniziato» per l'esecuzione dei due giapponesi in ostaggio. Lo riporta Nippon Television Network, alla scadenza dell'ultimatum di 72 ore dato dallo Stato islamico al governo di Tokyo per il pagamento del riscatto di 200 milioni di dollari. Nessun «contatto» da parte dell'Isis è emerso finora malgrado la scadenza dell'ultimatum di 72 ore dato al governo giapponese per il pagamento di 200 milioni di dollari e per ottenere la liberazione dei due ostaggi nipponici. Lo ha riferito il portavoce, Yoshihide Suga, assicurando che l'esecutivo «continua a lavorare per la loro liberazione» e che la situazione è «ancora difficile». Il governo giapponese deve ancora confermare le condizioni di Kenji Goto e Haruna Yukawa, tenuti in ostaggio dell'Isis, in vista della scadenza dell'ultimatum di 72 ore per il pagamento del riscatto di 200 milioni di dollari. «Abbiamo ricevuto ogni tipo di informazione, ma non siamo in grado di confermare la loro sicurezza», ha risposto il portavoce Yoshihide Suga a una domanda specifica nella conferenza stampa di questa mattina. L'ultimatum dovrebbe scadere intorno alle ore 14.50 locali, le 6.50 in Italia. «Stiamo facendo ogni sforzo per il rilascio dei due in una situazione estremamente grave», ha poi detto Suga, assicurando che Tokyo «continua a contribuire alla lotta internazionale al terrorismo, senza cedere al terrorismo». Il premier Shinzo Abe, nel corso di una riunione del suo gabinetto, ha ribadito l'invito ai suoi ministri a fare «tutto il possibile» per una soluzione positiva della crisi. Abe è rientrato da una missione in Medio Oriente dove per quasi una settimana ha avuto colloqui coi leader della regione visitando Egitto, Giordania, Israele e i Territori palestinesi. Cresce l'angoscia in Giappone per la sorte dei due ostaggi in mano all'Isis, mentre si avvicina la scadenza dell'ultimatum di 72 ore annunciato martedì dallo Stato islamico. I jihadisti, per bocca del loro boia più tristemente celebre, il britannico 'Jihadi John', hanno chiesto un riscatto roboante di 200 milioni di dollari, la stessa cifra promessa solo qualche giorno fa dal premier Shinzo Abe ai Paesi della Coalizione anti-Isis. I fondi saranno destinati, ha precisato Tokyo, a far fronte all'emergenza umanitaria, in particolare quella delle centinaia di migliaia di profughi in fuga da Iraq e Siria. Il governo giapponese sta lavorando «a tutto campo» per ottenere il rilascio del reporter freelance Kenji Goto e Haruna Yukawa, l'operatore del settore sicurezza che voleva dare una «svolta» alla propria vita divenendo un 'contractor'. Il portavoce dell'esecutivo, Yoshihide Suga, ha precisato che Tokyo lavora in stretto contatto con Giordania e Gran Bretagna e che, «allo stato attuale», non ha ricevuto nessun tentativo di contatto da parte dell'Isis, che tre giorni fa ha pubblicato online il video con i due ostaggi in tenuta arancione accanto a Jihadi John che brandiva il suo coltello e lanciava gli strali contro il Giappone. «Stiamo trasmettendo attraverso ogni canale possibile un messaggio per il loro rilascio, anche utilizzando responsabili tribali e religiosi», ha aggiunto Suga. Tokyo punta in particolare sui rapporti con Londra: il ministro degli Esteri Fumio Kishida ha chiesto alla controparte Philip Hammond una piena cooperazione sulla vicenda. Poi, nel corso di una conferenza stampa, Kishida ha sottolineato che la posizione della Gran Bretagna «è sempre stata quella di non pagare riscatti». Un'affermazione che i commentatori giapponesi interpretano come il 'niet' di Tokyo al pagamento dei 200 milioni di dollari, una cifra del resto talmente roboante che i jihadisti sanno bene non verrebbe mai versata. Un elemento che lascia spazio alla tragica ipotesi che la sorte dei due ostaggi è già segnata. Intanto emergono nuovi dettagli sulla vicenda: lo Stato islamico aveva già chiesto, lo scorso novembre, un riscatto di 2 miliardi di yen (oltre 14 mln di euro) per la liberazione di Goto, il reporter convertitosi al cristianesimo rapito a ottobre in Siria. Era tornato nel Paese proprio per mettersi sulle tracce dell'amico Yukawa, conosciuto mesi prima, e rapito ad agosto. L'uomo, con un passato travagliato in cui ha anche tentato il suicidio, voleva che il reporter lo 'istruissè su come comportarsi nelle zone di conflitto. Ora la loro sorte è appesa a un filo.