Giovedì 19 Dicembre 2024

Aereo malese: trovati altri morti in mare, si cercano le scatole nere

ROMA. Continua l'opera delle squadre di soccorso nell'area del mare di Giava dove una settimana fa è precipitato l'aereo dell'AirAsia con a bordo 162 persone: la Bbc online riferisce del recupero di altri quattro corpi ed è salito a cinque il numero delle grossi parti di Airbus riportate a terra. Le ricerche entrano oggi nella seconda settimana e mancano all'appello ancora 128 corpi, che si ritiene siano rimasti intrappolati nella fusoliera, e le scatole nere del volo QZ8501. Il cattivo tempo ha però costretto i sommozzatori a sospendere temporaneamente le immersioni.  Oggi nella chiesa evangelica a Surabaya, la città da cui era partito il volo per Singapore, si è tenuta una messa in ricordo delle vittime, molte delle quali appartenenti alla locale comunità cristiana. Intanto, si viene a sapere che l'aereo AirAsia QZ8501 che si è schiantato il 28 dicembre non avrebbe dovuto prendere il volo, perchè senza licenza di farlo in quel giorno. Con la dinamica dell'incidente ancora incerta, e mentre le operazioni di recupero dei corpi sono rallentate dal maltempo, le rivelazioni delle autorità indonesiane aggiungono un sapore di beffa a una tragedia costata 162 vite. E al contempo, sollevano importanti questioni sulla sicurezza, le norme e le infrastrutture di controllo di un settore aereo che nell'ultimo decennio ha visto un boom del traffico nel popoloso arcipelago.  Secondo il ministero dei Trasporti di Giakarta, la compagnia aerea malese - che in Indonesia opera sotto il nome di un'affiliata locale - era autorizzata a volare quotidianamente sulla tratta Surabaya-Singapore fino allo scorso ottobre. Per la stagione invernale, tuttavia, il permesso era limitato alle giornate di lunedì, martedì, giovedì e sabato. E l'incidente è avvenuto di domenica. Mentre non è ancora chiaro come l'AirAsia abbia potuto proseguire con voli giornalieri senza autorizzazione, le autorità hanno immediatamente sospeso il permesso per quella rotta, che sul sito della compagnia è ora «non disponibile». Nel frattempo, nel mare di Giava prosegue il lento recupero dei detriti dell'Airbus 320-200 e dei corpi. Finora ne sono stati recuperati 46, ma solo tre di essi sono stati identificati, prolungando lo stillicidio di dolore per i familiari. Quanto al relitto, i sonar impiegati dalla task force multinazionale, composta da decine tra navi e aerei, hanno individuato due «enormi pezzi» sul fondale a 30 metri di profondità. Il persistere del maltempo causato dai monsoni, con correnti impetuose e onde alte fino a cinque metri, ha però impedito finora il ripescaggio. Le scatole nere, che contengono informazioni cruciali per far luce sulle cause del disastro, non sono state ancora localizzate. L'incidente è avvenuto pochi minuti dopo la richiesta del volo QZ8501 di salire di quota per evitare delle nubi temporalesche. In base ai dati finora pubblicati, la maggior parte degli esperti crede che l'aereo sia entrato in fase di stallo dopo un'ascesa troppo verticale, che avrebbe fatto perdere il controllo ai due piloti. Altri ipotizzano tuttavia che il volo abbia quasi completato un atterraggio di emergenza sull'acqua, finito male sotto la forza delle onde. Secondo un rapporto dell'agenzia meteorologica indonesiana, l'eventualità «più probabile» è che i motori dell'Airbus si siano ghiacciati in quella sacca di estremo maltempo. In ogni caso, le rivelazioni sul contesto dell'incidente stanno mettendo sempre più sotto esame il settore aereo in Indonesia (240 milioni di abitanti), che più di ogni altro Paese nella regione ha visto una crescita esponenziale dei voli nell'ultimo decennio. Oltre alle disposizioni disattese dalla AirAsia, la regina delle low-cost con lo slogan «Ora tutti possono volare», c'è anche il fatto che la richiesta dei piloti del QZ8501 abbia avuto risposta solo dopo due minuti, quando l'aereo era già sparito dai radar. Risposto che peraltro fu negativa, dato che nella zona stavano viaggiando altri sei aerei.

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