RAMALLAH. Israele non accetterà di ritirarsi entro i confini del 1967. Il premier Benyamin Netanyahu ha anticipato oggi i paletti che metterà sul tavolo domani a Roma nei suoi incontri con il segretario di Stato Usa John Kerry e con il premier Matteo Renzi. E si è detto sicuro che non passeranno le Risoluzioni presentate dai giordano/palestinesi e dalla Francia, che chiedono, seppur in modo diverso, al Consiglio di Sicurezza Onu di votare l'abbandono della Cisgiordania da parte dello stato ebraico entro il 2016.
Per tutta risposta in serata i palestinesi hanno fatto sapere che mercoledì presenteranno al Consiglio di sicurezza dell'Onu una bozza di risoluzione che chiede «la fine dell'occupazione» israeliana, come riferito da un dirigente dell'Olp.
«Dirò a Kerry e a Renzi - ha riferito il premier nella riunione di governo a Gerusalemme - che Israele respinge i tentativi di assalti diplomatici, attraverso decisioni dell'Onu, per costringerci ad un ritiro entro i confini del 1967 in due anni». E il motivo - ha aggiunto il premier - è che un eventuale ritiro porterebbe «estremisti islamici nei sobborghi di Tel Aviv e nel cuore di Gerusalemme».
'Mister sicurezza' - come è stato definito dagli analisti israeliani che hanno visto nel discorso di oggi anche echi elettorali, visto che a marzo in Israele si vota - ha ribadito così uno dei pilastri della politica israeliana di fronte a quelli che ritiene essere «atti unilaterali» palestinesi.
Al tempo stesso, Netanyahu ha inviato anche un messaggio ai parlamenti europei che sempre in maggior numero si esprimono con dichiarazioni e mozioni a favore del riconoscimento della Palestina come stato, oggetto anche questo degli obiettivi diplomatici del presidente dell'Anp, Abu Mazen. «Non permetteremo che questo avvenga», ha tuonato Netanyahu riferendosi alla Risoluzione dell'Onu. «Lo respingeremo con forza. Questo (obiettivo) sarà respinto».
A scanso di equivoci, Netanyahu ha poi spiegato che ricorderà a Kerry e a Renzi che «Israele si erge come un'isola solitaria contro le onde di estremismo islamico che lambiscono l'intero Medio Oriente. Fino ad adesso abbiamo respinto questi attacchi».
Come hanno fatto notare alcuni analisti, Kerry ha ad oggi, almeno in parte, un quadro chiaro nel suo rinnovato sforzo diplomatico nei confronti del Medio Oriente che non si esaurirà nella doppia riunione di domani a Roma ma che proseguirà anche martedì a Londra.
Nella capitale inglese il segretario di stato Usa - secondo indiscrezioni dei media sia israeliani sia palestinesi - vedrà una delegazione di ministri degli esteri arabi e un'altra in arrivo da Ramallah.
I primi chiederanno a Kerry - hanno sostenuto le stesse fonti - che gli Usa non pongano il veto alla Risoluzione. Ma in entrambi le riunioni - compresa quella con la delegazione palestinese, composta dal negoziatore capo Saeb Erekat, dal ministro degli esteri Riad al Malki e dal capo della sicurezza Majid Faraj - è possibile che Kerry tenti di accertare se esistono margini di flessibilità nelle posizioni in campo e se ci sono spazi per il rilancio di una mediazione, calcolando anche che domani avrà discusso la posizione israeliana espressa da Netanyahu.
Del resto Kerry nei giorni scorsi - nel momento della morte del ministro palestinese Ziad Abu Ein - ha sentito per telefono il presidente palestinese Abu Mazen. Non è escluso che nella conversazione si sia anche discusso dell'intenzione della leadership di Ramallah - scossa da quella che considera «l'uccisione» da parte di Israele del ministro Abu Ein - di riconsiderare la collaborazione di sicurezza con lo stato ebraico.
Una mossa che - a giudizio di molti, compresi gli Usa - complicherebbe di molto la realtà già tesa sul campo. E non a caso si parla di un incontro segreto tra il responsabile della sicurezza israeliana Yoram Coen e lo stesso leader palestinese. Stasera si dovrebbe svolgere a Ramallah la riunione dello stato maggiore dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) proprio per discutere di questo, ma - secondo fonti di Ramallah, citate dai media israeliani - lo stesso Abu Mazen si opporrebbe ad una simile eventualità e potrebbe decidere di far slittare il voto.
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