BEIRUT. Gettato dal tetto di un edificio e poi finito a colpi di pietra: è questo il supplizio riservato dallo Stato islamico ad un uomo giudicato "colpevole" di omosessualità, secondo un annuncio pubblicato oggi dallo stesso Isis, corredato da alcune foto agghiaccianti dell'esecuzione. Il fatto, avvenuto in una località sconosciuta a cavallo tra la Siria orientale e l'Iraq occidentale, supera per livello di atrocità i pur molti crimini di cui si sono macchiati i jihadisti nel nome della loro interpretazione della Sharia, comprese lapidazioni sulla pubblica piazza di donne accusate di adulterio e l'esposizione di corpi crocifissi di giustiziati per vari reati. Il 25 novembre scorso l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) aveva dato notizia, per la prima volta, della lapidazione di due giovani uomini di 18 e 20 anni nella provincia orientale siriana di Deyr az Zor, ritenuti colpevoli di rapporti omosessuali. In quest'ultimo caso, invece, un tribunale dell'Isis si è spinto oltre, ritenendo giusto applicare un'antica tradizione islamica secondo la quale «i sodomiti devono essere fatti precipitare dal punto più alto della città, e poi lapidati fino alla morte». È quanto sottolinea un comunicato delle stesse autorità dello Stato islamico della provincia di Al Furat, il nome dato dall'Isis ad una regione tra la Siria e l'Iraq sotto il loro controllo. Per illustrare il tutto, i responsabili per la comunicazione dell'organizzazione jihadista pubblicano tre fotografie in cui, come si legge nella didascalia, è mostrata «l'esecuzione della condanna». Nella prima immagine si vede il condannato, ammanettato dietro alla schiena, mentre precipita dal tetto di un edificio di due piani, sul quale stanno otto miliziani incappucciati di nero, alcuni armati, che lo guardano cadere. Nella seconda e nella terza fotografia l'uomo è mostrato steso a terra, scalzo, con accanto diversi mattoni che con tutta probabilità sono serviti a finirlo. Anche qui si vedono alcuni miliziani incappucciati, uno dei quali sembra leggere il decreto di condanna. Lo scorso 14 novembre la Commissione d'inchiesta dell'Onu sulla Siria, presieduta dal giurista brasiliano Paulo Pinheiro, ha accusato l'Isis di «crimini di guerra e crimini contro l'umanità», chiedendo che i suoi dirigenti vengano processati davanti alla Corte penale internazionale (Cpi). Tra gli episodi contestati allo Stato islamico, le decapitazioni e le lapidazioni sulle pubbliche piazze, ma anche soprusi sulle minoranze, in particolare cristiani, sciiti e curdi, e la riduzione a schiave sessuali di centinaia di donne della comunità degli Yazidi in Iraq.