NEW YORK. La Commissione intelligence del Senato degli Stati Uniti è pronta a rendere pubblico un rapporto potenzialmente esplosivo sulle brutali tecniche di interrogatorio della Cia dopo l'11 settembre 2001: ormai è questione di giorni, forse già domani. Molti già plaudono all'iniziativa, ma cresce anche il timore che il documento possa innescare all'estero una nuova ondata di sentimenti antiamericani, e il Dipartimento di Stato, non a caso, ha fatto rivedere le misure di sicurezza in ambasciate e postazioni militari Usa nel mondo, nel timore di nuove violenze. Il rapporto è un riepilogo di 480 pagine di uno studio ben più ampio che rimarrà ancora classificato, ma che contiene comunque numerose informazioni sulle tecniche di tortura usate dalla Cia nelle prigioni segrete in Europa e Asia, tra cui l'ormai tristemente noto waterboarding, ovvero l'annegamento simulato, e anche altri dettagli mai rivelati prima. Secondo alcune indiscrezioni, nel documento si afferma anche che la Cia ingannò la Casa Bianca sulla natura, l'ampiezza e i risultati di tecniche brutali che venivano all'epoca utilizzate. Un aspetto, scrive il New York Times, che ha indotto alcuni ex collaboratori di George W. Bush a suggerire all'ex presidente di cogliere l'occasione per prenderne le distanze. Ma al contrario, Bush è partito lancia in resta in difesa della Cia: «Siamo fortunati ad avere uomini e donne che lavorano duro alla Cia per nostro conto», ha detto in un'intervista, aggiungendo che «sono patrioti, e qualsiasi cosa dica il rapporto, se ne minimizza il contributo al nostro Paese è di gran lunga fuori strada». E anche la Cia ha iniziato a difendersi. L'ex numero due John McLaughlin ha già detto che il rapporto «usa informazioni in maniera selettiva, spesso distorte per segnare un punto». L'ex direttore Michel Hayden ha detto alla Cbs che «non siamo qui a difendere le torture, ma a difendere la storia». Dopo l'11 settembre «abbiamo fatto ciò che ci era stato chiesto di fare, abbiamo fatto ciò che ci era stato assicurato che era legale», ha invece affermato sul Washington Post Jose Rodriguez, che ha guidato il programma Cia per gli interrogatori. Intanto, numerosi esponenti politici si stanno schierando contro la pubblicazione, almeno per il momento. Tra loro c'è anche il capo della Commissione intelligence della Camera, il repubblicano Mike Rogers, perchè, ha detto, ci sono credibili informazioni secondo cui la diffusione del rapporto metterà in pericolo la vita di americani all'estero, e «inciterà alla violenza». E il Dipartimento di Stato ha in effetti inviato al personale Usa all'estero un messaggio in tal senso, in particolare nei Paesi del Medio Oriente e Nord Africa. L'amministrazione Obama è favorevole a che venga reso pubblico, ma il segretario di Stato John Kerry ha personalmente chiesto al presidente della Commissione intelligence del Senato, la democratica Dianne Feinstein, di riconsiderare i tempi della diffusione. Lei però sembra contraria. «Dobbiamo diffonderlo», ha detto al Los Angeles Times, perchè, ha aggiunto, «chiunque lo leggerà farà in modo che non si ripeta mai più».