CITTA' DEL MESSICO. Scontri si sono verificati a Città del Messico nella serata di giovedì di fronte alla sede del governo, fra polizia in tenuta anti-sommossa e manifestanti che protestavano per la sparizione di 43 studenti nello stato del Guerrero. I manifestanti, alcuni armati di molotov, spranghe e bastoni, hanno gettato pietre e petardi contro gli agenti e questi hanno reagito con lacrimogeni e idranti. Hanno camminato sotto al sole cocente per giorni fino ad arrivare nel centro della capitale messicana con tutto il loro carico di rabbia e di disperazione per chiedere, con una sola voce, al governo federale e al presidente Enrique Pena Nieto: dove sono i nostri figli?. I genitori dei 43 studenti scomparsi il 26 settembre scorso dopo scontri con agenti della polizia locale di Iguala, nello stato di Guerrero, spalleggiati da sicari di un cartello di narcotrafficanti, sono giunti a Città del Messico ed oggi marciano assieme ad altre migliaia di persone per chiedere che venga fatta piena luce sulla sorte dei loro ragazzi. Alla testa del primo dei tre cortei, padri e madri degli studenti della scuola rurale di Ayotzinapa che hanno attraversato il Paese per chiedere sostegno alla loro battaglia di verità incassando nelle ultime ore anche la solidarietà dell'Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln), insorto in armi nel 1994 per difendere i diritti delle popolazioni indigene messicane. «Siamo venuti fino a qui perchè il presidente della Repubblica e le autorità federali non hanno potuto, o non hanno voluto, trovare i nostri figli», ha detto uno dei genitori dei 43 studenti che secondo la polizia federale sarebbero stati uccisi ed i loro cadaveri bruciati in una discarica. «Non crediamo alla versione ufficiale, li rivogliamo vivi», ha urlato Josè 'Pepè Alcaraz, portavoce dei genitori degli alunni della 'Raul Isidro Burgos' che il 26 settembre scorso sono andati a bordo di un pullman ad Iguala per fare una colletta che sarebbe servita ad organizzare una manifestazione in ricordo del 46esimo anniversario del Massacro di Tlatelolco del 2 ottobre 1968, quando oltre 300 studenti vennero uccisi dai reparti speciali dell'esercito a pochi giorni dalla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Città del Messico. I genitori hanno incontrato simbolicamente i giornalisti nel Centro per i diritti umani 'Frà Bartolomeo de las Casas' e poi si sono trasferiti ad Oventic, dove si sono riuniti per quattro ore con i leader dell'Ezln. All'incontro erano presenti il Comandante Tacho e il Subcomandante Moises, eredi del più famoso Subcomandante Marcos. «Gli zapatisti hanno abbracciato la nostra indignazione e la nostra rabbia ed hanno offerto il loro più completo appoggio», ha detto Omar Garcia, uno studente che partecipa alla Carovana #43. «Non sono stati gli zapatisti a cercarci ma siamo stati noi ha cercare loro», ha poi precisato. Assieme ai genitori marciano studenti, insegnanti, sindacalisti, Ong e migliaia di padri e madri di famiglia. I tre cortei partiranno dalla piazza dell'Angelo dell'Indipendenza, da Tlatelolco e dal Monumento alla Rivoluzione per raggiungere lo Zocalo, la piazza principale della città nonchè simbolo dell'unità del Messico, dove si terrà la manifestazione. Il percorso delle Carovane per la verità è stato transennato nel timore di nuovi scontri o atti di vandalismo, come quelli già accaduti durante analoghe manifestazioni nello stato di Guerrero, e a vigilare sulla manifestazione sono stati mobilitati 5 mila agenti della polizia federale. Strette misure di sicurezza anche attorno all'aeroporto internazionale 'Benito Juarez', dove si tiene una manifestazione di universitari che distribuiscono volantini ai viaggiatori. Le autorità hanno anche deciso di cancellare le celebrazioni per l'anniversario dello scoppio della Rivoluzione del 1910. I 43 ragazzi di Iguala oggi vengono prima persino di Pancho Villa.