TRIPOLI. Liberato il tecnico italiano Gianluca Salviato, era stato rapito nella regione libica della Cirenaica nel marzo 2014 ed è giunto a Roma questa notte.
Salviato lavorava a Tobruk per l'azienda Enrico Ravanelli, società che opera nel settore delle costruzioni. Dalle prime ore dopo il suo rapimento si è subito temuto per la sua salute perché soffre di diabete e nella sua macchina erano rimaste le medicine per lui vitali. I tecnico quarantottenne si trovava a Tobruk per seguire i lavori di realizzazione degli impianti fognari nei quali l'azienda è impegnata da due anni.
"Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale conferma la liberazione del connazionale Gianluca Salviato, giunto a Roma questa notte. grazie al lavoro di tutti gli organi dello Stato coinvolti". E' quanto si legge in una nota della Farnesina. Salviato, che soffriva di diabete, era stato rapito in Libia il 22 marzo 2014.
E' il secondo italiano rapito in Libia rilasciato questa settimana. Il 13 era toccato a Marco Vallisa, rapito il 5 luglio 2014. Cinquantaquattro anni, originario di Roveleto di Cadeo in provincia di Piacenza, Vallisa era impegnato in un cantiere della ditta modenese Piacentini Costruzioni quando è stato rapito insieme con altri due colleghi, il bosniaco Petar Matic e il macedone Emilio Gafuri, nella città costiera di Zuara, abitata in prevalenza da berberi. Matic e Gafuri erano stati poi rilasciati due giorni dopo.
Sin dai primi momenti seguiti alla loro scomparsa si era subito pensato a un rapimento, anche perchè l'auto su cui viaggiava era stata trovata con le chiavi inserite nel quadro. L'obiettivo dei rapitori potrebbe essere stato quello di chiedere un riscatto: la pista del sequestro "politico", infatti, apparve meno realistica, perchè i fatti si sono verificati in una zona lontana dalla Cirenaica, dove si concentrano i ribelli jihadisti in conflitto con Tripoli.
Dopo la liberazione di Gianluca Salviato in Libia, a soli tre giorni da quella di Marco Vallisa sempre nel paese nordafricano, restano quattro gli italiani sequestrati all'estero e sulla cui sorte non si hanno più notizie in alcuni casi da mesi, in altri da anni: le due giovani cooperanti lombarde Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, scomparse in Siria dal 31 luglio 2014; il gesuita romano padre Paolo Dall'Oglio, sequestrato a fine luglio 2013 in Siria; il cooperante palermitano Giovanni Lo Porto, scomparso il 19 gennaio 2012 tra Pakistan e Afghanistan.
Su Greta e Vanessa le ultime informazioni risalgono al 20 settembre quando prima si è diffuso il timore che fossero cadute nelle mani dei jihadisti dell'Isis poi è arrivata la smentita di un quotidiano libanese vicino al movimento sciita Hezbollah, alleato del regime di Damasco.
Secondo Al Akhbar le giovani cooperanti erano cadute in una trappola, rapite e poi vendute da un gruppo armato ad un altro ma non erano in mano allo Stato islamico. Naturalmente è difficile stabilire la vericidità della notizia anche perchè il giornale non è imparziale.
Anche su padre Dall'Oglio le ultime informazioni risalgono a settembre: secondo fonti che lavorano sul terreno per la sua liberazione, il gesuita sarebbe invece detenuto in una delle prigioni dell'Isis a Raqqa, da oltre un anno divenuta la roccaforte dello Stato islamico in Siria.
Del cooperante palermitano Lo Porto si sono invece completamente perse le tracce da quasi tre anni.
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