GINEVRA. L'Isis ha perpetrato in Siria "crimini di guerra e crimini contro l'umanità" e i comandanti dell'Isis "sono individualmente e penalmente responsabili per questi reati". Lo afferma la Commissione di inchiesta dell'Onu sulla Siria in un rapporto reso noto a Ginevra. Gli indicibili abusi, le gravi violazioni e gli orrendi crimini commessi contro i siriani sono stati "deliberati e calcolati" ed i "comandanti dell'Isis hanno agito intenzionalmente, perpetrando crimini di guerra e contro l'umanità.
Intanto, la Gran Bretagna ha lanciato uno dei più importanti pacchetti di misure anti-terrorismo degli ultimi tempi. Ad annunciarlo il premier David Cameron che si trova a Canberra per prendere parte al vertice del G20. Secondo il Daily Telegraph, vengono «banditi» i jihadisti britannici che si sono uniti all'Isis in Medio Oriente: non potranno rientrare in patria per almeno due anni dopo l'introduzione dei cosiddetti «ordini di esclusione temporanea».
Diventeranno in pratica apolidi e i loro nomi saranno inseriti su una lista nera delle compagnie aeree, in modo da impedire loro di volare. Sarà permesso il ritorno in patria una volta trascorsi i due anni a meno che gli ex volontari dell'Isis non si dichiarino alla frontiera sottoponendosi a rigidi controlli di polizia. Si calcola che più di 500 sudditi di Sua maestà siano andati a combattere in Iraq e Siria e circa la metà sarebbero ritornati in patria. L'anno scorso sono stati 200 gli arresti per terrorismo.
Nel frattempo la formazione jihadista attiva nel nord del Sinai, Ansar Beit al Maqdis, che nei giorni scorsi aveva già «aderito» all'Isis, annuncia su Twitter di aver cambiato il proprio nome in «Stato del Sinai appartenente allo Stato islamico», in risposta alla richiesta di Abu Bakr al Baghdadi nel messaggio audio attribuito al leader dell'Isis e diffuso ieri. Nella registrazione Baghdadi avrebbe «accettato» l'alleanza dei jihadisti dell'Egitto, Arabia Saudita, Yemen, Libia e Algeria. Ansar Beit al Maqdis è costretta a cambiare di continuo il suo account Twitter, per evitare la «sospensione» da parte del social network.
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