PECHINO. Malgrado le pressioni internazionali che stanno spingendo la Cina - Paese che detiene il record mondiale delle esecuzione - a considerare di ridurre il numero dei reati punibili con la pena di morte, una recente indagine rivela che la maggioranza della popolazione resta largamente favorevole al boia: in particolare per i reati di corruzione. Secondo il sondaggio, un 73,2% dei cinesi sostiene che nei casi di corruzione la pena di morte sia adeguata e non vada abolita.
In Cina la pena capitale è coperta da segreto di Stato dunque non si ha certezza assoluta dei dati ma è assodato che dal 2007 a oggi in quel Paese si è registrato un calo del 50% delle condanne a morte. Una riduzione sensibile, rilevata proprio dalla Ong Nessuno tocchi Caino, dovuta all’entrata in vigore della riforma in base alla quale ogni condanna a morte emessa da tribunali di grado inferiore deve essere rivista dalla Corte Suprema. Da allora la Corte Suprema ha annullato «in media» il 10 per cento delle condanne a morte pronunciate ogni anno nel Paese. Oltre che per reati di terrorismo (in cui rientrano tutte le forme di dissenso politico o religioso che colpiscono spesso tibetani e uiguri), per droga (produzione, trasporto o traffico), in Cina si è mandati al patibolo per reati ordinari o per «semplice» opposizione al potere. Di norma l’esecuzione avviene con un colpo alla nuca o per iniezione letale.
Nell’elenco dei Paesi dove si registra il maggior numero di esecuzioni capitali subito dopo la Cina troviamo Iran (687), Iraq (172) e Arabia Saudita (78). A fare salire il numero di esecuzioni nel 2013 sono stati proprio Iran e Iraq, che risultano tra i 22 Stati che mantengono la pena capitale.
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