ROMA. «Non mi arrendo. Io combatto. Devo farlo non solo per me, ma soprattutto per Salvatore. Sento di avere un dovere verso di lui come superiore. Lui era un mio sottoposto. Sento questa responsabilità. La sento due volte, da sottufficiale e da capo team». Dopo la telefonata del neo ministro degli Esteri Paolo Gentiloni il fuciliere Massimiliano Latorre, intervistato dal Messaggero, sottolinea così di non volersi arrendere: «sono qui, combattivo come sempre».
«Continuo ad aver fiducia nel governo indipendentemente dai ministri che si succedono». Girone? «Penso a lui continuativamente, ogni giorno. Tra me e Salvatore si è creato un rapporto strettissimo, speciale».
Latorre dedica poi una riflessione alla sua compagna: «voglio dire pubblicamente grazie alla mia compagna, a Paola: senza di lei non sarei vivo, non sarei qui». «Non mi ha mai abbandonato». «È stata Paola a accorgersi della gravità di quello che stava succedendo. Sono salvo per il rotto della cuffia. Oggi non sarei qui a parlare, lo devo a lei. Però ho anche un rammarico»: «sarebbe stata la morte migliore. Non avrei sentito nulla. Sarei morto senza accorgermene». E al giornalista che gli chiede se avesse preferito morire Latorre dice: «no. Ovvio che sono contento d'essere vivo. Io non mollo».
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